Pneumopatie Infiltrative Diffuse e Patologia del Circolo Polmonare
Introduzione
Tra settembre 2015 e dicembre 2016 sono stati pubblicati oltre 1.500 lavori nel campo delle Pneumopatie Infiltrative Diffuse (PID). Il presente breve articolo nasce dalla selezione di tre soli lavori, che rappresentano una infinitesima parte di tutti gli studi rilevanti che avranno un impatto significativo sulle conoscenze scientifiche nel campo delle PID nel prossimo futuro. Nei lavori qui riportati viene affrontato il tema della diagnosi delle PID con particolare riferimento alla diagnosi precoce, ai limiti ed alle potenzialità dell’approccio diagnostico multidisciplinare ed alle nuove prospettive diagnostiche e classificative suggerite dalla medicina di precisione.
L’importanza delle Interstitial Lung Abnormalities (ILA)
Le ILA sono una entità radiologica definita come la presenza alla tomografia computerizzata ad alta risoluzione (High Resolution Computed Tomography, HRCT) del torace di alterazioni interstiziali non gravitazionali che coinvolgano più del 5% del polmone, includendo alterazioni reticolari, a vetro smerigliato, nodulari diffuse e centrolobulari, cisti non enfisematose, polmone alveare o bronchiectasie da trazione. Gli studi riportano una prevalenza di ILA di circa il 2% e il 10% tra i pazienti arruolati in trial clinici e del 7% nella popolazione generale.
Studi recenti condotti nei familiari di pazienti affetti da fibrosi polmonare idiopatica (Idiopathic Pulmonary Fibrosis, IPF), in soggetti anziani, e più recentemente nelle grandi coorti longitudinali degli studi di screening delle malattie cardiovascolari e del cancro del polmone, suggeriscono che l’identificazione della IPF in fase subclinica potrebbe essere possibile. Integrando l’uso su vasta scala della HRCT in grandi studi longitudinali con i progressi più recenti nel campo della medicina molecolare, in particolare della genetica, è stata identificata una popolazione di soggetti sani portatori di anomalie interstiziali aspecifiche (ILA) con caratteristiche comuni alla IPF. In questi soggetti la presenza del polimorfismo MUC5B, ben noto per essere associato alla IPF, correlerebbe con una forma di ILA progressiva: inoltre recenti studi mostrano una chiara associazione tra la presenza di ILA ed un aumentato rischio di mortalità ed in particolare di mortalità relata ad insufficienza respiratoria e fibrosi polmonare. ILA ed IPF familiare presentano alcune caratteristiche comuni: un profilo funzionale simile (difetto restrittivo, ridotta capacità di esercizio, riduzione della DLCO) e comuni alterazioni genetiche. Alla luce di queste correlazioni tra IPF e ILA, alcuni Autori ipotizzano che le ILA potrebbero rappresentare la forma preclinica della IPF.
Nell’ultimo studio pubblicato da Araki et al. 1 è stata documentata la presenza di ILA nel 6% dei casi. Nel 3% (n = 53) dei casi le ILA erano già presenti nella prima HRCT; tra queste il 43% (n = 23) ha dimostrato di progredire dopo circa 6 anni di follow-up. Coerentemente con precedenti studi, la progressione delle ILA a polmonite interstiziale usuale (Usual Interstitial Pneumonia, UIP) è stata documentata nel 4% dei casi. In questo studio le ILA erano rappresentate nella maggioranza dei casi (80%) da anomalie interstiziali reticolari bi-basali. Tra i casi che progredivano gli Autori hanno documentato un significativo incremento della mortalità (HR 3,9; 95% CI, 1,3-10,9; p = 0,01). Tra 970 individui con prima valutazione HRCT normale (assenza di ILA), circa il 10% (n = 95) ha sviluppato ILA dopo circa sei anni di follow-up, di cui il 13% (n = 12) con pattern radiologico di fibrosi e 1% (n = 1) con pattern UIP. Sulla base dei risultati di questo studio e degli studi precedentemente pubblicati possiamo concludere che un sottogruppo di ILA è associato ad un aumentato rischio di progressione funzionale e di mortalità, ma il profilo clinico delle ILA rimane elusivo e gli aspetti anatomopatologici restano tutti da chiarire. Piuttosto che una entità clinica l’ILA è un’entità radiologica che attualmente sembra comprendere un confuso amalgama di differenti PID subcliniche. Con l’eccezione della piccola nota percentuale di casi UIP (1%-4%), la restante grande maggioranza di casi di ILA potrebbe comprendere vari sottotipi di PID, tra cui ad esempio le alterazioni interstiziali fumo-relate. Bisogna altresì notare che la mortalità per ILA è molto inferiore a quella dell’IPF, al contrario la prevalenza delle ILA nella popolazione generale è nettamente superiore alla prevalenza della IPF (7% vs 0,04%). È importante ed urgente approfondire con nuovi studi quale sia il profilo anatomopatologico e molecolare delle ILA per capire quali casi effettivamente rappresentano la forma pre-clinica della IPF e quali casi possano eventualmente beneficiare di un trattamento precoce.
La diagnosi multidisciplinare delle PID: non è tutto oro quello che luccica
Con l’approvazione di due nuovi farmaci per la terapia della IPF (pirfenidone e nintedanib) la corretta diagnosi differenziale della IPF è diventata di importanza critica nella pratica clinica. Sin dalle linee guida ATS/ERS del 2002 il corretto approccio diagnostico prevede la multidisciplinarietà con l’integrazione dei dati clinici, radiologici, e in casi selezionati anche anatomopatologici, per la diagnosi di PID. La diagnosi multidisciplinare (Multidisciplinary Diagnosis, MD) è quindi diventata il gold standard diagnostico. Tuttavia questo approccio ha limitazioni rilevanti: è un processo impreciso, difficile da standardizzare, soggettivo e privo di un metodo chiaro per valutarne l’accuratezza.
Nell’ultimo decennio due domande semplici, ma clinicamente molto rilevanti sono rimaste senza risposta.
- Qual è oggi l’accordo tra i diversi centri di esperti nella diagnosi differenziale delle PID?
- La MD fornisce una corretta stratificazione prognostica dei pazienti?
Walsh et al. 2 ci forniscono queste risposte in uno studio recentemente pubblicato che ha valutato 70 casi di PID diagnosticate da sette diversi team multidisciplinari di esperti (Multidisciplinary Team Meeting, MDTMs), costituiti da almeno uno pneumologo, un radiologo e un patologo provenienti da sette paesi (Danimarca, Francia, Italia, Giappone, Paesi Bassi, Portogallo e Regno Unito). Nel 18% dei casi (88 di tutte e 490 diagnosi di prima scelta) la diagnosi era IPF. L’accordo inter-MDTM per le diagnosi di prima scelta è stato complessivamente moderato (κ = 0,50); buono per l’IPF (κw = 0,71 [IQR 0,64-0,77]) e per le interstiziopatie relate a connettivopatie (Connective Tissue Disease-associated Interstitial Lung Diseases, CTD-ILD, κw = 0,73 [0,68 - 0,78]); moderato per la polmonite interstiziale non specifica (Non-Specific Interstitial Pneumonia, NSIP) (NSIP; κw = 0,42 [0,37-0,49]); scarso per la polmonite da ipersensibilità (Hypersensitivity Pneumonitis o HP, κw = 0,29 [0,24-0,40]). Dato che la distinzione tra IPF e le altre PID fibrosanti è di grande rilevanza clinica per la corretta gestione dei pazienti, è rassicurante notare che l’accordo inter-MDTM per la diagnosi di IPF è buono (κ = 0,60). Interessante notare che i singoli pneumologi esperti avevano livelli di accordo simili a quelli dei team per la diagnosi IPF (κ = 0,59), anche nel sottogruppo di pazienti senza biopsia polmonare (κ = 0,70 e κ = 0,71 rispettivamente). Al contrario per la diagnosi di NSIP e HP il livello di disaccordo tra MDTMs è significativamente più alto rispetto alla IPF.
Questi dati suggeriscono che gli attuali criteri diagnostici per IPF sono chiari e per i medici esperti sono relativamente facili da applicare anche senza la discussione multidisciplinare che invece riveste probabilmente un ruolo di maggiore importanza nei casi più complessi in cui i dati clinici-radiologici non sono chiari o sono incongruenti. Al contrario le pneumopatie fibrotiche non-IPF, in particolare NSIP e HP, non sono ben inquadrate in linee guida diagnostiche evidence-based e questo genera incertezza e disaccordo diagnostico tra i diversi centri esperti.
I confini “liquidi” delle pneumopatie infiltrative diffuse fibrosanti
Gli attuali confini che separano le PID sono tracciati sulla base delle caratteristiche cliniche e dei pattern radiologici ed anatomopatologici. Le categorie diagnostiche che risultano da questo approccio (PID fibrosanti: IPF e NSIP; PID fumo-relate; PID granulomatose: sarcoidosi e HP, ecc.) includono in realtà fenotipi clinici molto eterogenei in termini prognostici e di risposta alle terapie. Una strategia classificativa diversa potrebbe essere basata sui meccanismi patogenetici ed in questo caso i confini delle PID a noi noti potrebbero rivelarsi inadeguati. Fino a pochi anni fa si riteneva che i tempi non fossero maturi per proporre una classificazione eziopatogenetica delle PID, ma le nuove scoperte della medicina di precisione stanno rapidamente cambiando lo scenario.
Un messaggio di grande importanza lo dà il lavoro pubblicato da Newton et al. 3 che, utilizzando criteri classificativi genetici anziché morfologici, dimostra inequivocabilmente come le attuali distinzioni tra le PID fibrosanti (IPF, NSIP, CHP, PID fibrosanti non classificabili, fibroelastosi pleuro-parenchimale idiopatica, CTD-ILD) siano di scarsa utilità in quanto non forniscono alcuna significativa informazione prognostica aggiuntiva rispetto all’informazione genetica.
Sei geni correlati ai telomeri ed alla telomerasi sono stati identificati nella fibrosi polmonare familiare, ma ben poco si sa circa il profilo clinico di questi pazienti. La telomerasi è un enzima trascrittasi inversa che allunga le estremità cromosomiche durante la replicazione cellulare. Mutazioni nella componente proteica della telomerasi (TERT) e nella componente RNA dell’enzima (TERC) sono state correlate alla fibrosi polmonare familiare, così come le mutazioni nel gene DKC1, TRF1 e TINF2. Di recente, altri due geni, la elicasi inversa -1 che regola l’allungamento dei telomeri (RTEL1) e la Poli-(A)-Ribonucleasi (PARN), sono stati associati all’accorciamento dei telomeri nella fibrosi polmonare familiare.
Lo scopo dello studio era valutare se i pazienti con fibrosi polmonare relata a mutazioni genetiche eterozigoti in TERT, TERC, RTEL1 o PARN avessero un fenotipo (clinico-radiologico-patologico) e un decorso clinico comune. Gli Autori hanno valutato 115 pazienti con alterazioni dei geni relati alle telomerasi che includevano: TERT n = 75, TERC n = 7, RTEL1 n = 14 e PARN n = 19.
Circa la metà (46%) ha avuto una diagnosi multidisciplinare di IPF; il 20% di fibrosi non classificabile, il 12% di HP cronica, il 10% di PPFE (Pleuroparenchymal Fibroelastosis), il 7% di interstiziopatia con aspetti autoimmuni (Interstitial Pneumonia with Autoimmune Features, IPAF), il 4% di altra PID idiopatica e il 3% di CTD-ILD. Nell’80% delle famiglie le diagnosi tra soggetti affetti sono state discordanti; è quindi molto comune avere pattern diversi anche in soggetti della stessa famiglia portatori dello stesso difetto genetico. I pazienti con mutazioni TERC erano più giovani rispetto a quelli con mutazioni PARN (51 ± 11 anni rispetto ai 64 ± 8 anni, p = 0,03) ed avevano una maggiore incidenza di comorbilità ematologiche.
In termini prognostici non vi era alcuna differenza significativa tra pazienti con diagnosi di IPF e non-IPF. Il tasso medio di declino della capacità vitale forzata era di 300 ml · anno-1, e la sopravvivenza media di 2,87 anni.
Questo studio dimostra che le mutazioni genetiche della telomerasi portano ad un ampio spettro di PID che sono universalmente progressive. Ne deriva l’osservazione che ciò che guida la prognosi delle PID fibrosanti non è tanto il pattern che noi riconosciamo, quanto il difetto genetico che lo causa. Questo dovrebbe indurre una profonda riflessione sui grossi limiti del nostro attuale approccio diagnostico terapeutico delle PID e sulla necessità di avere una classificazione delle PID basata su meccanismi eziopatogenetici piuttosto che sul riconoscimento di meri pattern morfologici.
Riferimenti bibliografici
- Araki T, Putman RK, Hatabu H. Development and progression of interstitial lung abnormalities in the Framingham Heart Study. Am J Respir Crit Care Med. 2016; 194:1514-22.
- Walsh SL, Wells AU, Desai SR. Multicentre evaluation of multidisciplinary team meeting agreement on diagnosis in diffuse parenchymal lung disease: a case-cohort study. Lancet Respir Med. 2016; 4:557-65.
- Newton CA, Batra K, Torrealba J. Telomere-related lung fibrosis is diagnostically heterogeneous but uniformly progressive. Eur Respir J. 2016; 48:1710-20.
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