Ipertensione polmonare
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L’ipertensione arteriosa polmonare, descritta emodinamicamente per la prima volta nel 1951 da David Dresdale 1, è una patologia che per diversi decenni non ha avuto alcuna possibilità di trattamento. Prima del trapianto, la mediana di sopravvivenza dei pazienti affetti era infatti di soli 2,8 anni 2.
Due sono state le innovazioni che hanno cambiato radicalmente la prognosi dell’ipertensione arteriosa polmonare: il trapianto polmonare e l’utilizzo dell’epoprostenolo.
Due sono state le innovazioni che hanno cambiato radicalmente la prognosi dell’ipertensione arteriosa polmonare: il trapianto polmonare e l’utilizzo dell’epoprostenolo.
Il primo trapianto cuore-polmoni per trattare una patologia vascolare polmonare fu effettuato nel 1981 a Stantford da Norman Shumway, John Wallwork e Bruce Reitz 3. Successivamente, grazie alla comprensione fisiopatologica della straordinaria capacità di rimodellamento del ventricolo destro, si iniziarono ad effettuare trapianti bipolmonari e quindi monopolmonari con progressivo miglioramento della sopravvivenza dei pazienti trapiantati, grazie soprattutto all’avanzamento delle tecniche chirurgiche e all’avvento della ciclosporina come farmaco anti-rigetto.
Questi successi nel trattamento chirurgico dell’ipertensione arteriosa polmonare furono rapidamente seguiti dalla scoperta della prostaciclina negli anni ottanta. Nel 1990 uno studio randomizzato controllato dimostrò che l’utilizzo dell’epoprostenolo in infusione endovenosa continua determinava un miglioramento dei sintomi, dell’emodinamica e della sopravvivenza dei pazienti affetti da ipertensione arteriosa polmonare idiopatica, inducendo così un netto cambiamento della storia della malattia 4. Da qui poi lo sviluppo di analoghi della prostaciclina (treprostinil e iloprost) e di nuove categorie farmacologiche con utilizzo di farmaci per via orale in monosomministrazione o in terapia combinata che hanno drasticamente migliorato la compliance al trattamento con conseguente miglioramento della qualità di vita e della prognosi di questi pazienti. Sarà infine a breve disponibile la prima prostaciclina per via orale, il selexipag, recentemente approvata per il trattamento a lungo termine dell’ipertensione arteriosa polmonare e che ha documentato una riduzione nella progressione della malattia e nel numero di ospedalizzazione di questi pazienti 5.
Tutto questo ha dato luogo a numerose ricerche volte ad identificare i meccanismi alla base della patogenesi della disfunzione endoteliale e del rimodellamento vascolare responsabili dell’ipertensione arteriosa polmonare. Negli anni abbiamo infatti compreso come tale patologia si possa manifestare ad esempio a seguito di infezione da HIV, di utilizzo di farmaci predisponenti o a malattie del tessuto connettivo. Non per ultimo l’importanza della genetica: sono state individuate numerose mutazioni che predispongono allo sviluppo della malattia 6.
L’ipertensione arteriosa polmonare è ancora poco conosciuta sia dai medici sia dalla popolazione generale: ciò determina ritardi nella diagnosi con riscontro della malattia in fase già avanzata.
Negli ultimi 25 anni sono stati numerosi gli studi clinici inerenti l’ipertensione arteriosa polmonare e il loro numero è destinato a crescere ulteriormente. Interessanti risultati stanno emergendo da esperienze preliminari riguardanti nuove strategie terapeutiche come la terapia genica o l’utilizzo di cellule staminali. Tuttavia l’ipertensione arteriosa polmonare rimane ancora oggi gravata da un’elevata mortalità e il tutto è reso ancora più difficile dal fatto che questa patologia è ancora poco conosciuta sia dai medici sia dalla popolazione generale: ciò determina ritardi nella diagnosi con riscontro della malattia in fase già avanzata.
Da qui nasce l’idea, con questa serie monotematica, di fare il punto su alcuni aspetti dell’ipertensione arteriosa polmonare con particolare riferimento alle ultime novità. Si parlerà innanzitutto delle alterazioni genetiche alla base dello sviluppo dell’ipertensione polmonare ereditaria a partire dal primo gene individuato nel 2000 (BMPR2) 7 fino alla possibilità del counseling genetico e nel futuro di una terapia genica. Quindi si affronterà l’ipertensione polmonare post-embolica: di recente approvazione la possibilità di terapia medica con riociguat nei pazienti inoperabili così come l’esecuzione di angioplastica polmonare percutanea 8. Di attualità poi l’ipertensione polmonare associata a sclerodermia che, seppur rara, rappresenta la causa principale di mortalità nei pazienti sclerodermici 9. Infine, verrà affrontato il tema del trapianto polmonare che rimane a tutt’oggi l’unica terapia che possa migliorare la sopravvivenza nei casi refrattari alla terapia medica.
Riferimenti bibliografici
- Dresdale DT, Schultz M, Michtom RJ. Primary pulmonary hypertension. I. Clinical and hemodynamic study. Am J Med. 1951; 11:686-705.
- D‘Alonzo GE, Barst RJ, Ayres SM. Survival in patients with primary pulmonary hypertension. Results from a national prospective registry. Ann Intern Med. 1991; 115:343-9.
- Reitz BA. The first successful combined heart-lung transplantation. J Thorac Cardiovasc Surg. 2011; 141:867-9.
- Rubin LJ, Mendoza J, Hood M. Treatment of primary pulmonary hypertension with continuous intravenous prostacyclin (epoprostenol). Results of a randomized trial. Ann Intern Med. 1990; 112:485-91.
- Duggan ST, Keam SJ, Burness CB. Selexipag: a review in pulmonary arterial hypertension. Am J Cardiovasc Drugs. 2017; 17:73-80.
- Galiè N, Humbert M, Vachiery JL. 2015 ESC/ERS Guidelines for the diagnosis and treatment of pulmonary hypertension. Eur Respir J. 2015; 46:1855-6.
- Deng Z, Morse JH, Slager SL. Familial primary pulmonary hypertension (gene PPH1) is caused by mutations in the bone morphogenetic protein receptor-II gene. Am J Hum Genet. 2000; 67:737-44.
- Lang I, Meyer BC, Ogo T. Balloon pulmonary angioplasty in chronic thromboembolic pulmonary hypertension. Eur Respir Rev. 2017; 26(143)
- Aithala R, Alex AG, Danda D. Pulmonary hypertension in connective tissue diseases: an update. Int J Rheum Dis. 2017.
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