La linfangioleiomiomatosi tra conferme e novità
Abstract
La Linfangioleiomiomatosi (LAM) è una malattia rara caratterizzata dalla presenza di lesioni cistiche al polmone, alterazioni dei vasi linfatici e presenza di tumori benigni addominali (angiomiolipomi renali). La caratteristica principale della malattia è la proliferazione anomala delle cellule muscolari lisce (cellule LAM) che porta alla formazione di cisti a parete sottile all’interno dei polmoni e lungo le strutture linfatiche (linfangioleiomiomi). La prevalenza della LAM non associata a sclerosi tuberosa (sporadica) è di circa 3,3 casi per milione di donne. La linfangioleiomiomatosi si presenta in circa l’80% delle donne affette da sclerosi tuberosa. La LAM può esordire con semplice dispnea. Alla radiografia del torace si può evidenziare la presenza di un quadro interstiziale, ma è la TC del torace ad alta risoluzione il gold standard per la diagnosi. Tale indagine evidenzia la presenza di multiple cisti di forma rotondeggiante o ovalare a parete sottile. Le dimensioni variano da pochi millimetri a molti centimetri e sono distribuite lungo tutti i polmoni. La più comune alterazione funzionale polmonare è una sindrome ostruttiva con associata riduzione della DlCO (diffusione alveolo-capillare) dovuta a perdita di elasticità da parte del polmone. Per la diagnosi la biopsia non è necessaria. Nel corso degli anni è stata data molta importanza alla terapia ormonale intesa come castrazione chirurgica e ormonale, ma la sua efficacia non sempre si è dimostrata. Sono stati portati a termine diversi studi clinici sull’utilizzo della rapamicina e di suoi derivati che si è dimostrato efficace. Nei casi più gravi possono trovare indicazione l’ossigenoterapia e il trapianto polmonare.
Articolo
La linfangioleiomiomatosi (LAM) è una patologia multisistemica a prevalente interessamento polmonare, caratterizzata da modificazioni morfologiche e funzionali determinate dalla proliferazione di particolari fibrocellule muscolari lisce, note come cellule LAM 1. A livello toracico la patologia comporta la progressiva sostituzione del parenchima polmonare (sino talora a completo sovvertimento) a opera di cisti a contenuto aereo nonché la possibile formazione di versamenti chilosi (chilotorace), mentre a livello extratoracico e in particolare addominale si possono osservare alterazioni linfatiche (raccolte chilose e/o linfangioleiomiomi, specie a livello retroperitoneale e pelvico) nonché sviluppo di neoformazioni tumorali benigne prevalentemente a livello renale (angiomiolipomi) 2.
La LAM è una patologia rara che colpisce pressoché esclusivamente il sesso femminile, prevalentemente in età fertile (terza-quarta decade di vita), anche se negli ultimi anni si è assistito con maggior frequenza rispetto al passato a diagnosi in età post-menopausale. Se ne riconoscono due forme: la forma sporadica e la forma associata a sclerosi tuberosa (Tuberous Sclerosis Complex, TSC).
La LAM è una patologia rara che colpisce pressoché esclusivamente il sesso femminile, prevalentemente in età fertile.
La TSC è una malattia genetica autosomica dominante caratterizzata dallo sviluppo di PEComi (Perivascular Epithelioid Cell tumors, ovvero tumori determinati dalla proliferazione clonale di cellule epitelioidi con distribuzione perivascolare) in vari organi e apparati (sistema nervoso centrale, cute, cuore, etc.) nonché dalla presenza di calcificazioni cerebrali, epilessia e ritardo mentale.
La forma sporadica colpisce 3,3-7,7 donne/milione, mentre la forma associata a TSC arriva ad interessare l’80% delle pazienti affette dal disordine genetico, la cui incidenza varia da 1 ogni 5.000 a 1 ogni 10.000 nascite 3. Se la forma sporadica è di eccezionale osservazione nel sesso maschile 4 5, la LAM è descritta in una percentuale variabile dal 13 al 38% degli uomini con TSC 6.
Istologia e patogenesi
Le lesioni polmonari sono caratterizzate dalla presenza di noduli e piccoli aggregati di cellule LAM disposti attorno a spazi cistici a contenuto aereo di varie dimensioni, lungo i bronchioli e i vasi linfatici e sanguigni.
Le lesioni polmonari sono caratterizzate dalla presenza di noduli e piccoli aggregati di cellule LAM disposti attorno a spazi cistici a contenuto aereo di varie dimensioni, lungo i bronchioli e i vasi linfatici e sanguigni.
Si riconoscono due tipi di cellule LAM: a) cellule simil-miofibroblasti che esprimono sulla loro superficie specifiche proteine come la alfa-actina, la desmina, la vimentina; b) cellule epitelioidi che esprimono sulla loro superficie vari marcatori della linea melanocitaria tra cui la glicoproteina gp100, un marker delle cellule di melanoma e dei melanociti immaturi che mostra immunoreattività con l’anticorpo monoclonale HMB45 7. Le cellule LAM possono esprimere inoltre recettori di superficie per gli estrogeni ed il progesterone 8 9. La presenza di tali recettori, unitamente al fatto che la malattia colpisce pressoché esclusivamente il sesso femminile durante l’età fertile e può peggiorare durante la gravidanza o in corso di terapie ormonali 10 11, suggerisce che anche fattori di natura ormonale possano svolgere un ruolo significativo nella patogenesi della malattia, ruolo che resta peraltro ancora da chiarire. La LAM inoltre sembrerebbe mostrare una maggiore progressione nel periodo pre-menopausale rispetto a quello post-menopausale 12.
Le cellule LAM esprimono una serie di marcatori che ne giustificano le caratteristiche e il comportamento simile a quello di cellule tumorali.
Le cellule LAM esprimono inoltre una serie di marcatori che ne giustificano le caratteristiche e il comportamento simile a quello di cellule tumorali. Esse esprimono sulla loro superficie recettori di membrana per le metalloproteineasi (MMP) MMP1 e MMP2 che una volta attivati, degradando le proteine della matrice extracellulare, ne facilitano la migrazione 13. Sulla superficie delle cellule LAM è stata riscontrata inoltre un’aumentata espressione di catepsina K, una proteasi prodotta dagli osteoclasti che sembra contribuire in modo significativo alla distruzione ed al rimodellamento del parenchima polmonare 14. Un’altra caratteristica di tale proteasi è che è stata ritrovata sia sulla superficie delle cellule LAM che negli adipociti presenti negli angiomiolipomi renali, confermando l’identità fenotipica delle due classi cellulari, espressione della stessa malattia 15. Le cellule LAM hanno, inoltre, una rilevante capacità di linfangiogenesi che ne favorisce la disseminazione 16 e sono state ritrovate nel sangue, nel chilo e nelle urine di pazienti affette da LAM, dimostrando come possano esse disseminarsi per via ematogena e/o linfatica 17.
Nel complesso queste caratteristiche devono far considerare la LAM come un processo neoplastico seppure a basso grado di malignità 18, e in effetti è inclusa nella classificazione della World Health Organization (WHO) tra i “PEComatous tumors” 19.
Ad ulteriore sostegno di tale ipotesi, cellule LAM geneticamente identiche a quelle dell’ospite sono state ritrovate nelle lesioni polmonari in corso di recidiva di malattia in pazienti trapiantate 20 21.
All’origine della malattia vi sono mutazioni a carico dei geni TSC1 e TSC2, i cui prodotti proteici sono rispettivamente amartina e tuberina; le mutazioni più frequenti riguardano il gene TSC2, presenti nella maggioranza delle pazienti affette da LAM sporadica ed in circa il 60% di quelle con LAM associata a sclerosi tuberosa 22. Il modello di Knudson 23 è quello attualmente accettato per spiegare la genesi della malattia: vi è una prima mutazione a carico di uno dei geni TSC1 o TSC2, seguita da una seconda mutazione con perdita della eterozigosi, che porta alla perdita di funzione dei loro prodotti proteici 24. In vivo l’amartina e la tuberina formano un complesso il cui ruolo principale è l’inibizione di una chinasi conosciuta come mTOR (mammalian Target Of Rapamycin), regolatrice della crescita e della proliferazione cellulare 25.
L’amartina e la tuberina formano un complesso il cui ruolo principale è l’inibizione di una chinasi conosciuta come mTOR regolatrice della crescita e della proliferazione cellulare.
Una miglior comprensione delle basi patogenetiche della malattia e in particolare la conoscenza dell’importanza del ruolo del complesso amartina-tuberina ha permesso lo sviluppo di terapie più specifiche ed efficaci, in particolare l’utilizzo di inibitori dell’mTOR (vedi “Terapia”).
Manifestazioni cliniche e radiologiche
L’età media delle pazienti al momento della diagnosi è di 35 anni, ma sono sempre più i casi di LAM diagnosticati in età post-menopausale. Nelle pazienti con associata TSC la diagnosi è più precoce, e in queste pazienti si ha in genere anche una minore compromissione funzionale. Il tempo medio che intercorre dall’esordio dei sintomi alla formulazione della diagnosi varia dai 2 ai 6 anni 26. Le manifestazioni cliniche più comuni all’esordio di malattia sono: dispnea (osservata in circa il 70% dei casi), pneumotorace (in circa il 50%), spesso recidivo e bilaterale e formazione di chilotorace 27.
Le manifestazioni cliniche più comuni all’esordio di malattia sono: dispnea, pneumotorace spesso recidivo e bilaterale e formazione di chilotorace.
La TC del torace ad alta risoluzione, indispensabile ai fini diagnostici, evidenzia la presenza di cisti aeree a parete sottile e contorno ben definito, a distribuzione tipicamente bilaterale e ubiquitaria. A tali cisti non si associano altre lesioni parenchimali se si eccettua la possibile presenza, nelle forme associate a TSC, di sfumati micronoduli, espressione di iperplasia pneumocitaria micronodulare multifocale (Multifocal Micronodular Pneumocyte Hyperplasia, MMPH). In particolare se il numero di cisti è superiore a 10 si parla di quadro tomografico caratteristico di LAM, mentre se il numero di cisti varia tra 2 e 10 il quadro è definito compatibile 28 (vedi “Criteri Diagnostici”).
Sul piano fisiopatologico la malattia si traduce nello sviluppo di una sindrome disventilatoria di tipo ostruttivo (in circa il 60% delle pazienti) con una riduzione della capacità di diffusione alveolo-capillare (in circa l’80%). L’ostruzione è di tipo reversibile in circa il 30% delle pazienti ed il grado di compromissione del FEV1 e della DLCO è correlato con la severità di malattia. Il 30% circa delle pazienti presenta test di funzionalità respiratoria nella norma.
Le manifestazioni di malattia extrapolmonari di più comune osservazione sono il riscontro di masse addominali dovute a angiomiolipomi (che possono andare incontro a sanguinamento), linfoadenopatie e/o linfangioleiomiomi. I linfangioleiomiomi sono tumori cistici a prevalente localizzazione addominale, retroperitoneale e pelvica e si riscontrano in circa il 10% delle pazienti. Hanno caratteristiche radiologiche specifiche e una loro peculiarità è la variabilità dimensionale, osservabile anche nell’arco di una sola giornata 29. Sono spesso asintomatici, in alternativa possono dare disturbi aspecifici come nausea, dolore e distensione addominale, edema periferico, sintomi urinari. Gli angiomiolipomi sono tumori benigni a sviluppo prevalentemente renale; si riscontrano in percentuali fino al 100% in pazienti con LAM associata a TSC e fino al 50% in quelle con LAM sporadica. Sono spesso asintomatici, ma quelli di grosse dimensioni possono portare a sanguinamento acuto richiedendo interventi di embolizzazione selettiva e/o chirurgia (Figura 1).
Secondo le linee guida ERS tutte le pazienti con LAM o sospetta LAM vanno sottoposte a una TC addomino-pelvica con mdc al fine di evidenziare la presenza di angiomiolipomi o altre lesioni addominali.
Secondo le linee guida ERS tutte le pazienti con LAM o sospetta LAM vanno sottoposte a una TC addomino-pelvica con mdc al fine di evidenziare la presenza di angiomiolipomi o altre lesioni addominali (o in alternativa quando controindicata la somministrazione di mdc iodato una risonanza magnetica addominale). Per quanto riguarda poi il follow-up di tali lesioni, poiché il rischio di sanguinamento è correlato alle loro dimensioni, le linee guida ERS suggeriscono un follow-up ecografico annuale in presenza di angiomiolipomi di dimensioni inferiori a 4 cm e invece semestrale in caso di angiomiolipomi di dimensioni superiori a 4 cm. In questo ultimo caso inoltre saranno da valutare caso per caso un trattamento medico, di embolizzazione o chirurgico in elezione. Nel caso in cui le lesioni mostrino una rapida crescita (> 0,5 cm/y) è raccomandato l’approccio bioptico al fine di escludere una patologia neoplastica maligna 30. Da evitare dove possibile la nefrectomia totale per l’alto rischio di complicanze e il possibile sviluppo di insufficienza renale 28.
Criteri diagnostici
Nel 2010 una task force europea (ERS LAM Task Force) ha definito le linee guida per la diagnosi ed il trattamento della LAM e delle sue complicanze 28.
Considerando tutti gli aspetti della malattia si è giunti a dare una definizione di malattia come certa, possibile o probabile, e la biopsia polmonare non è più considerata mandatoria per la diagnosi di certezza.
La diagnosi di LAM potrà essere considerata definitiva in presenza di un dato istologico e di un quadro tomografico caratteristico o compatibile, ma anche, pur in assenza di dati istologici, quando un quadro tomografico caratteristico si associa a qualsiasi delle seguenti alterazioni: angiomiolipomi, linfangioleiomiomi, versamenti chilosi toracici o addominali, TSC definita o probabile.
La diagnosi di LAM potrà essere considerata definitiva in presenza di un dato istologico e di un quadro tomografico caratteristico o compatibile.
Si può concludere per LAM probabile in presenza di un quadro tomografico caratteristico associato a una storia clinica compatibile oppure in presenza di un quadro tomografico compatibile associato ad angiomiolipomi o versamenti chilosi (Figura 2).
Si può parlare di LAM possibile in presenza di sole cisti polmonari (senza quindi un quadro clinico compatibile o manifestazioni extrapolmonari) siano esse nel contesto di una TC caratteristica o compatibile (Tabella I).
In diagnosi differenziale entrano tutte le restanti patologie cistiche del polmone, e in particolare l’enfisema polmonare e l’istiocitosi a cellule di Langerhans, ma anche la sindrome di Birt-Hogg-Dubé o la LIP (polmonite interstiziale linfocitaria). L’eventuale storia di fumo di sigaretta e la morfologia delle cisti aiutano in tal senso 31.
Marcatori bioumorali
Le cellule LAM esprimono sulla loro superficie la molecola VEGF-D, un fattore di crescita linfatico. Nel siero di pazienti affette da LAM vi è una aumentata espressione di tale fattore rispetto ai soggetti sani e rispetto ad altri pazienti affetti da altre patologie polmonari cistico-distruttive 32.
La presenza di valori sierici di VEGF-D superiori a 800 pg/mL, in donne con lesioni cistiche tipiche alla TC del torace, ha una alta specificità per LAM sporadica o in corso di TSC e le recenti linee guida americane ATS/JRS ne riconoscono in tali casi il ruolo diagnostico; la possibilità di dosare tale marcatore ha permesso pertanto di poter confermare la diagnosi in un numero elevato di pazienti senza dover ricorrere a indagini di maggior invasività (biopsia polmonare) 33.
La presenza di valori sierici di VEGF-D superiori a 800 pg/mL, in donne con lesioni cistiche tipiche alla TC del torace, ha una alta specificità per LAM sporadica o in corso di sclerosi tuberosa.
I valori sierici di VEGF-D sono inoltre correlati alla severità di malattia e alla risposta alla terapia e rappresentano pertanto un utile biomarker da utilizzare non solo per la diagnosi differenziale, ma anche per valutare la prognosi nonché la risposta terapeutica 34 35. Inoltre dallo studio recentemente condotto da Taveira-DaSilva 35 emerge come le pazienti con alterazioni linfatiche siano quelle con i livelli di VEGF-D più alti (come già osservato da Glascow alcuni anni fa) 36, ma anche con la miglior risposta in termini di riduzione di tali livelli in corso di terapia con sirolimus. I limiti della metodica sono rappresentati dal fatto che il cut-off di 800 pg/mL è stato determinato con dati ottenuti da un singolo laboratorio, a fronte di una possibile notevole variabilità nel dosaggio del VEGF-D tra laboratori diversi 37.
La possibilità di isolare cellule LAM nei liquidi biologici, quali sangue, urine e chilo potrebbe rappresentare nel prossimo futuro un altro utile strumento per confermare la diagnosi e per il follow-up della malattia 38 39.
Prognosi
L’introduzione dei farmaci inibitori dell’mTOR nella pratica clinica (vedi “Terapia”) ha radicalmente cambiato la storia naturale della LAM. Se infatti sino a pochi anni fa la prognosi della malattia era spesso infausta, oggi possiamo dire che la LAM è una patologia certamente cronica, ma che dispone di un trattamento efficace. La prognosi ad ogni modo è sempre stata molto variabile da paziente a paziente. In uno studio inglese ormai datato la mortalità a 10 anni fu stimata pari a circa il 30% dal momento della diagnosi e a circa il 10% dall’insorgenza dei sintomi 40, ma tali dati sono stati raccolti in epoca pre-sirolimus. In uno studio più ampio e recente, ma anch’esso precedente l’introduzione nella pratica clinica degli inibitori dell’mTOR, la sopravvivenza a 10 anni è stata calcolata pari all’86% 41.
La presenza, all’esordio, di una ostruzione alle prove di funzionalità respiratoria con associata una significativa iperdistensione parenchimale è un indice prognostico sfavorevole per la sopravvivenza.
Sono stati inoltre individuati numerosi fattori prognostici in grado di influenzare l’andamento della patologia. La presenza, all’esordio, di una ostruzione alle prove di funzionalità respiratoria (FEV1/FVC < 70%) con associata una significativa iperdistensione parenchimale (incremento di TLC e RV) è un indice prognostico sfavorevole per la sopravvivenza 42. Anche la presenza di una bronco-reversibilità sembra essere un fattore prognostico negativo essendo predittivo di un più rapido declino della funzionalità respiratoria 43. Le pazienti il cui esordio di malattia è rappresentato dalla dispnea e che hanno al momento della diagnosi valori di VEGF-D più alti hanno una prognosi peggiore, mentre l’esordio di malattia con pneumotorace sembra associarsi a una migliore prognosi, anche se non ne conosciamo le ragioni 41. Anche l’età di insorgenza più giovanile è correlata ad una peggior prognosi, così come l’utilizzo di ossigenoterapia e il calo ponderale 27.
Terapia
In passato, partendo dalla osservazione che la malattia colpisce prevalentemente le donne in età fertile e che può peggiorare durante la gravidanza, gli approcci terapeutici erano volti per lo più ad ottenere una soppressione ormonale, mediante castrazione chirurgica o farmacologica. Nella realtà i benefici di una ovariectomia bilaterale sono risultati controversi, così come non si è avuta alcuna evidenza di miglioramento in corso di terapie farmacologiche anti-estrogeniche 44. In particolare gli studi pubblicati sull’utilizzo di analoghi del Gonadotrophin-Releasing Hormone (GnRH) hanno dato esito negativo 45 e l’uso di progesterone, seppur supportato da una serie di “case report” non ha mai trovato una chiara indicazione, in assenza di trial clinici controllati 11 46. Le recenti linee guida ATS/JRS sconsigliano pertanto il ricorso a terapie ormonali, includendo l’ovariectomia, le terapie progestiniche, gli analoghi del GnRH e le terapie antiestrogeniche come il tamoxifene 33.
Il sirolimus, o rapamicina, è un inibitore dell’mTOR ed è in grado di inibire la proliferazione e la crescita delle cellule LAM.
È stato l’utilizzo del sirolimus a modificare significativamente la storia naturale e la prognosi della linfangioleiomiomatosi. Il sirolimus, o rapamicina, è un inibitore dell’mTOR ed è in grado proprio attraverso tale meccanismo d’azione di inibire la proliferazione e la crescita delle cellule LAM. McCormack et al. hanno pubblicato nel 2011 i risultati del primo studio doppio cieco placebo-controllato sull’utilizzo di questo farmaco. Lo studio, che ha incluso 89 pazienti affette da LAM con un moderato deficit funzionale, è stato diviso in due parti: un primo periodo di dodici mesi in cui è stato somministrato il farmaco e un periodo di ulteriori dodici mesi di sola osservazione. Durante i dodici mesi di trattamento, il gruppo che assumeva sirolimus (46 pazienti) ha mostrato una stabilizzazione della funzionalità respiratoria, una riduzione dei sintomi e un miglioramento della qualità di vita rispetto al gruppo placebo (43 pazienti). Alla cessazione dell’assunzione del farmaco, si osservava una ripresa del declino funzionale. Nel gruppo trattato si è avuta una maggiore incidenza di effetti collaterali rispetto al placebo, ma non si sono registrate differenze statisticamente significative per quanto riguarda gli effetti collaterali severi 47. Uno studio pubblicato recentemente e condotto in un sottogruppo di pazienti dello studio MILES di cui si disponeva di un adeguato studio tomografico al baseline e dopo 12 mesi di terapia con sirolimus o con placebo (17 e 14 rispettivamente), ha mostrato come il farmaco sia in grado di ridurre significativamente l’air trapping nelle pazienti trattate 48, il che può spiegare il miglioramento funzionale registrato durate i primi mesi di terapia in alcune pazienti. Altri studi hanno poi mostrato l’efficacia del farmaco anche sulle lesioni extrapolmonari e in particolare la sua capacità nel ridurre le dimensioni degli angiomiolipomi renali 49 50. Alcuni dati confermerebbero l’efficacia del farmaco anche a dosaggi inferiori rispetto a quelli utilizzati nel MILES (< 5 ng/mL) 51.
I più comuni effetti collaterali del farmaco sono: mucositi e stomatiti (con sviluppo in particolare di aftosi del cavo orale), gastroenteriti, edemi periferici, ipercolesterolemia, ipertensione arteriosa sistemica e acne 47. Effetti collaterali di minore osservazione, ma di maggiore gravità sono rappresentati da infezioni delle basse vie aeree quali bronchiti e polmoniti 52, nonché da eventi cardiaci: in particolare nel MILES trial su un totale di 959 eventi avversi si sono registrate 97 polmoniti e 15 complicanze cardiache, ma solamente in 7 di questi casi l’evento è stato definito “serio” 47.
Attualmente il trattamento con sirolimus è indicato in tutte le pazienti LAM che presentano un’alterata funzionalità respiratoria (FEV1 < 70%) o un rapido declino funzionale (in tal senso non esistono dati definitivi, generalmente si considera significativo un calo funzionale di 90 mL/yr) 37, nonché in coloro che presentano versamenti chilosi (chilotorace o versamento ascitico chiloso) 33 o voluminosi linfangioleiomiomi o angiomiolipomi. Resta da definirne l’indicazione nelle pazienti con funzionalità respiratoria normale o spontaneamente stabile nel tempo.
Il sirolimus è stato approvato per il trattamento della LAM dalla FDA ed è attualmente in corso di valutazione da parte di EMA. In Italia e presso il nostro Centro la prescrizione avviene come un qualsiasi farmaco “off-label” con firma congiunta di medico e paziente sulle responsabilità specifiche di somministrazione, assunzione ed esecuzione di controlli clinici e laboratoristici.
L’everolimus è un inibitore di mTOR1 di seconda generazione, la cui efficacia è già stata provata nel trattamento degli astrocitomi a cellule giganti nei pazienti con TSC 53. Anche questo farmaco si è mostrato in grado di migliorare la funzionalità respiratoria di pazienti affette da LAM, come dimostrato da Goldberg e Harari 54. In questo studio di fase II senza gruppo di controllo a 24 pazienti affette da LAM sono state somministrate dosi settimanali crescenti di everolimus (da 2,5 mg/die fino a 10 mg/die per un totale di 26 settimane). In corso di trattamento si è assistito ad una stabilizzazione dei valori di FVC, a un miglioramento dei valori di FEV1 e della distanza percorsa al test del cammino, nonché a un decremento dei valori di VEGF-D; durante lo studio sono stati registrati 4 eventi avversi seri (polmonite, pneumocistosi e scompenso cardiaco) 54. In conclusione l’everolimus avrebbe quindi mostrato un’efficacia sovrapponibile a quella del sirolimus senza significativi vantaggi in termini di sicurezza e tollerabilità.
Negli anni scorsi ha suscitato interesse nel trattamento della LAM anche la doxiciclina, un inibitore delle metalloproteinasi. Ma dopo un primo “case report” pubblicato da Moses (che aveva mostrato come l’utilizzo di doxiciclina, oltre a determinare una riduzione di valori di metalloproteinasi urinarie, induceva un miglioramento del FEV1 e dei livelli di saturazione arteriosa di ossigeno in una paziente affetta da LAM) 55, nel Regno Unito fu condotto uno studio in doppio cieco placebo-controllato che non confermò l’efficacia della molecola. Nel gruppo trattato fu osservata infatti una riduzione dei valori di MMP-9 urinari rispetto al gruppo placebo, senza che vi fosse peraltro alcuna differenza tra i due gruppi sul piano dell’evoluzione funzionale e in particolare in termini di declino annuale di FEV1, FVC e DLCO; nessun miglioramento fu osservato neppure in termini di distanza percorsa al test del cammino 56. Il trattamento con doxiciclina è quindi sconsigliato dalle recenti linee guida americane 33.
Per le pazienti che non rispondono alla terapia con sirolimus e che mostrano una progressione di malattia il trapianto polmonare resta ancora oggi una valida opzione terapeutica.
Certamente per le pazienti che non rispondono alla terapia con sirolimus e che mostrano una progressione di malattia con sviluppo di insufficienza respiratoria cronica e/o ipertensione polmonare il trapianto polmonare resta ancora oggi una valida opzione terapeutica 57.
Terapie future
È stato dimostrato che il recettore β del fattore di crescita derivato dalle piastrine (PDGFRβ) è presente ed attivo nelle lesioni TSC dei topi ed è stata dimostrata una relazione inversa tra l’attivazione di mTOR e i livelli sierici di PDGFRβ. Partendo da questo presupposto il nostro gruppo ha iniziato un protocollo di studio sull’utilizzo del nintedanib in pazienti affette da LAM. Esso è un inibitore delle tirosin chinasi ed è un potente inibitore intracellulare del PDGFRβ, del recettore del fattore di crescita dei fibroblasti (FGFR) e del recettore del fattore di crescita dell’endotelio vascolare (VEGFR). Si tratta di un farmaco già approvato in ambito oncologico e nel trattamento della fibrosi polmonare idiopatica. Quello in corso nel nostro centro è un “investigator initiated” trial clinico pilota di fase II non randomizzato volto a valutare l’efficacia, la sicurezza e la tollerabilità di nintedanib in pazienti con LAM sporadica o associata a TSC. Le pazienti eleggibili per lo studio sono pazienti con LAM certa (sporadica o associata a TSC) e vergini da terapia che abbiano mostrato un declino di almeno il 10% del FEV1 e/o una perdita in valore assoluto pari o superiore a 80 mL di FEV1 nell’ultimo anno. Sono considerate eleggibili per lo studio anche le pazienti che hanno mostrato progressione di malattia in corso di sirolimus o che hanno mostrato effetti collaterali a tale farmaco tali da richiederne la sospensione. Il farmaco è somministrato per dodici mesi cui seguiranno dodici mesi di follow-up in assenza di terapia, secondo il disegno dello studio l MILES.
In vitro le statine che inibiscono l’HMGCoA, sembrano inibire anche la crescita di cellule TSC2. In vivo non è stato però dimostrato alcun effetto; d’altro canto uno studio retrospettivo su 355 pazienti ha mostrato come, in pazienti che avevano assunto statine, vi era un minor declino funzionale annuale (espresso come DLCO%) rispetto a coloro le quali non le avevano assunte. Un altro possibile approccio terapeutico alla LAM sembra poter essere rappresentato dall’immunoterapia. Le cellule LAM epitelioidi esprimono sulla loro superficie la glicoproteina gp100, un marker delle cellule di melanoma e dei melanociti immaturi che mostrano immunoreattività con l’anticorpo monoclonale HMB45. La gp100 rappresenta in vitro un target immunologico con effetto citotossico sulla crescita cellulare. I trial clinici dei vaccini per il melanoma sono già in fase avanzata di sperimentazione e la stimolazione di una risposta immunologica contro questo target può rappresentare, per la LAM, un nuovo potenziale approccio terapeutico. L’mTOR è un importante inibitore dell’autofagia che, a seconda del contesto cellulare, può promuovere o inibire la genesi tumorale. È stato dimostrato come l’autofagia abbia un ruolo rilevante nei processi di genesi tumorale nella TSC e come l’azione combinata di inibitori di mTOR e di inibitori dell’autofagia, come la clorochina, possa essere più efficace nell’inibire la genesi tumorale rispetto alla sola rapamicina nei topi. Pertanto la combinazione inibitori di mTOR e inibitori dell’autofagia (clorochina o idrossiclorochina) potrebbe avere un ruolo nei pazienti affetti da TSC e LAM. Altri possibili futuri trattamenti comprendono: inibitori dei recettori degli estrogeni, inibitori delle aromatasi, inibitori dei recettori del VEGF-D e terapie mirate anti VEGF-D.
Conclusioni
Rispetto a un decennio fa la LAM non deve essere più considerata una malattia rara priva di terapie e ad esito infausto. La LAM deve essere attualmente considerata come una malattia cronica che ha a disposizione un trattamento efficace.
Sicuramente vi sono ancora grandi lacune conoscitive su quelli che sono tutti i meccanismi patogenetici responsabili e ancora non è chiaro perché in alcune pazienti la malattia evolva molto lentamente, mentre in altre l’evoluzione si mostri rapida e progressiva in pochi anni.
L’interesse dei ricercatori dovrà, nei prossimi anni, focalizzarsi certamente sull’identificazione di nuovi biomarker nonché di nuovi farmaci efficaci, ricordando che per la ricerca due sono i grossi limiti di questa malattia: la sua rarità e l’assenza di un modello animale.
Figure e tabelle
• LAM definita | HRTC torace caratteristica o compatibile e biopsia polmonareHRTC torace caratteristica associata a uno dei seguenti riscontri: angiomiolipomi, linfangioleiomiomi, versamenti chilosi toracici o addominali, TSC definita o probabile |
• LAM probabile | HRTC caratteristica e storia clinica compatibileHRTC torace compatibile e angiomiolipomi o versamenti chilosi |
• LAM possibile | HRTC compatibile o caratteristica |
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