Articolo di revisione
Pubblicato: 2018-04-15

Citisina, il veleno naturale che cura il tabagismo

Medico Pneumologo, Presidente Società Italiana di Tabaccologia (SITAB), Bologna
Pneumologia, Responsabile Centro Antifumo, Azienda Ospedaliero Universitaria Careggi, Firenze
Pneumologia, Responsabile Centro Antifumo, Ospedale S. Camillo-Forlanini, Roma
UOS Alcologia e Nuove Dipendenze, Dipartimento di Salute Mentale e delle Dipendenze, ASST di Vimercate (MB)
Citisina Cytisus laburnum Smettere di fumare Nicotina Bupropione Vareniclina

Abstract

La citisina è una molecola estratta dalla pianta del maggiociondolo (Cytisus Laburnum) e utilizzata come trattamento del tabagismo nell’Europa dell’Est da diversi decenni. Di recente numerosi studi dimostrano che la citisina è un valido aiuto per smettere di fumare, efficace nella cessazione a lungo termine, con un tasso di risposta almeno paragonabile a quello degli altri trattamenti (sostituti nicotinici, bupropione e vareniclina). Inoltre la citisina si è rivelata avere un buon profilo di sicurezza e soprattutto di costo/efficacia. Ciò la rende una molecola interessante per la terapia antifumo soprattutto per le persone meno abbienti e per i Paesi in via di sviluppo.

Introduzione

Il tabagismo è una patologia da dipendenza che richiede un approccio terapeutico complesso, integrato e spesso personalizzato.

Le Linee Guida nazionali e internazionali suggeriscono che la migliore terapia utilizzata in smoking cessation, quanto ad efficacia, debba essere quella integrata con un counseling psico-motivazionale e comportamentale ed uno o più farmaci di prima linea (sostituti nicotinici, bupropione e vareniclina), che permettono di ottenere risultati di cessazione tabagica fino a dieci volte superiori rispetto al solo counseling e soprattutto al fai-da-te 1.

Da circa tre anni anche in Italia si è affacciata nel panorama della smoking cessation una molecola di derivazione botanica, la citisina (CIT), nuova per il nostro Paese, ma non per l’Est Europa dove è utilizzata da molti decenni.

Storia dell’uso della citisina in Medicina

Il Cytisus Laburnum è un piccolo albero comune in Europa centrale, orientale e meridionale e coltivato per i suoi fiori giallo oro. Il nome “Citisus” deriva dal greco “Kytisos”, che in origine era il nome di una specie di trifoglio diffuso su Kythnos, un’isola greca dell’arcipelago delle Cicladi.

La CIT, estratta dai semi e fiori, è stata utilizzata in medicina tradizionale per centinaia di anni. Tuttavia, l’orologio storico per la CIT inizia migliaia di anni fa in America, dove i nativi utilizzavano i semi per la loro proprietà antiemetica e purgativa 2 nonché per gli effetti allucinogeni ricercati nei riti religiosi, per un periodo di circa 6.000 anni 3 4.

In Europa, la medicina tradizionale ha raccomandato estratti alcolici contenenti CIT per stitichezza, emicrania, insonnia, tosse e nevralgie e, circa 100 anni fa, questa sostanza è stata utilizzata anche come antiasmatico, antitussivo e insetticida. Gli estratti sono usati in omeopatia contro il mal d’aria, l’emicrania e l’insonnia nervosa, e nello stress da superlavoro mentale.

In passato, la principale applicazione terapeutica della CIT nei paesi occidentali era come diuretico 5. Negli ultimi decenni sono stati attribuiti alla CIT anche proprietà antinfiammatorie e ipoglicemiche 6.

Tuttavia, questi tradizionali usi medicinali non sono stati supportati da successivi studi clinici, a differenza dell’uso della CIT nella smoking cessation che prese le mosse da osservazioni empiriche sul campo di battaglia durante la Seconda Guerra Mondiale quando le foglie di Citisus Laburnum erano utilizzate dai soldati dell’Est come sostituto del tabacco. Infatti i soldati russi chiamavano questa pianta “tabacco finto” (fake tobacco) 7 8.

Chimica della citisina

La CIT, alcaloide molto diffuso, si trova specialmente nei semi di una pianta, il maggiociondolo (golden rain tree per gli anglosassoni), il cui nome scientifico è Laburnum anagyroides, denominato anche Cytisus Laburnum (termini usati come sinonimi). La CIT è un alcaloide chinolizidinico prevalentemente presente nei semi fino al 3% (Figura 1).

Si deve a Gray nel 1862 9, la scoperta della presenza di questo alcaloide che chiamò CIT 10, isolato poi da Husemann e Marmé nel 1865 da semi di Cytisus Laburnum. Nel 1912, Dale e Laidlaw hanno descritto la CIT come il componente tossico di questo pianta 11.

La CIT, che ha una struttura chimica e una funzione farmacologica simile a quella della nicotina, agisce come un parziale agonista dei recettori nicotinici dell’acetilcolina (nAChR) con un’alta affinità per il sottotipo recettoriale α4β² 12, e una affinità molto più potente per le subnunità α3β4 e α7β4 13. La CIT ha struttura chimica analoga anche alla vareniclina, prodotto di sintesi farmaceutica utilizzato per la cura della dipendenza da tabacco 14.

La CIT, nei topolini Wistar, oltre a sopprimere l’auto-somministrazione della nicotina, riesce a migliorare il comportamento di ricerca compulsiva della nicotina indotto dalla dipendenza 15.

Farmacocinetica e farmacodinamica della citisina

I dati di farmacocinetica (PK) e farmacodinamica (PD) per la CIT sono scarsi. L’emivita della CIT è di 4,8 ore 16, rispetto alle 17 ore della vareniclina 17 18. La CIT non viene metabolizzata, viene prontamente assorbita nel tratto gastrointestinale ed è escreta dai reni 19 20.

Anche i dati pubblicati sull’interazione della CIT con altri farmaci sono limitati. In un campione di 17 adulti è stata osservata “nessuna interazione sfavorevole con insulina, antidepressivi o neurolettici” 21.

Gli studi sugli animali riportano un effetto antagonista della CIT sull’attività anticonvulsivante di alcuni farmaci antiepilettici 22. Il foglietto illustrativo del prodotto indica che la CIT non deve essere usata con farmaci anti-tubercolari, sebbene non sia fornita alcuna motivazione e non siano disponibili dati pubblicati a sostegno di questa affermazione 19. Ci sono prove, da studi su animali, che la CIT ha una bassa penetrazione nel Sistema Nervoso Centrale (SNC) 23 24, mentre nel SNC dell’uomo non è stata ancora ben studiata.

Due studi di PK sono attualmente in corso in Nuova Zelanda per studiare l’influenza della dose, della frequenza di dosaggio e della durata della dose sulla farmacocinetica e la tollerabilità della CIT (NCT02585024).

Uso della citisina per smettere di fumare

Sebbene i primi riscontri empirici della CIT come sostanza contro la dipendenza da tabacco risalgano agli anni ’40 8 19, essa, come aiuto per smettere di fumare, è stata utilizzata a partire dagli anni 1950-60 in Bulgaria. Il primo studio clinico in cui veniva usata CIT per smettere di fumare è stato effettuato da Stoyanov e Yanachkova nel 1965 25. Un trial controllato versus placebo fu effettuato nel 1968 da Paun e Franze 26, usando compresse da 1,5 mg confrontate con placebo, per 26 settimane. Furono arruolati 555 fumatori cronici, divisi in due gruppi: placebo (239 pazienti) e CIT (266). All’ottava settimana di trattamento aveva smesso il 55% dei pazienti trattati con CIT, percentuale che si riduceva al 21% dopo 26 settimane. Nel 1968 uno studio controllato e in doppio cieco fu svolto su 1.452 fumatori, con una percentuale di cessazione a lungo termine del 40% 27 28.

Negli ultimi decenni ci sono stati numerosi studi farmacologici e clinici soprattutto nei Paesi dell’Est Europa, che hanno dimostrato buona efficacia e sicurezza del farmaco con scarsi effetti collaterali 29. Sulla scorta dei buoni risultati di quegli studi la CIT è stata prodotta e commercializzata in tutto l’Est Europa e da qualche decennio anche in qualche nazione dell’Unione Europea, ma non in Italia, dove il principio attivo può essere utilizzato, al momento, solo sotto forma galenica.

Tra i primi a riconsiderare questa molecola, più di recente, sono stati West e Zatonski che nel 2006 hanno pubblicato uno studio non controllato 30 su 436 pazienti, di cui 191 femmine, che avevano ricevuto CIT per 25 giorni, insieme ad un counseling minimo di supporto. Il tasso di cessazione era del 13,8% al follow-up a 12 mesi.

Uno degli studi più rappresentativi sulla CIT è stato pubblicato nel 2011 sulla prestigiosa rivista medica internazionale New England Journal of Medicine 31.

Si è trattato di uno studio randomizzato controllato in doppio cieco su 740 fumatori intenzionati a smettere a cui veniva fornito un ciclo di trattamento con CIT o placebo. Al basale la media di sigarette fumate era di 23 ± 8,7 per il gruppo CIT e di 22,5 ± 9,6 per il gruppo placebo. Il punteggio al FTND (Fagerstrom Test for Nicotine Dependence) era rispettivamente di 6,3 ± 2,1 versus 6,1 ± 2,2. In fase di valutazione è stato somministrato anche il Beck Depression Inventory, per lo screening di disturbi depressivi, con uno score medio ottenuto del 10% in entrambi i gruppi.

La percentuale di successo dopo 1 anno era pari al 2,4% nel gruppo trattato con placebo ed incrementava sino all’8,4% nel gruppo trattato con CIT (Figura 2). Tutto questo senza alcun significativo effetto collaterale, fatta eccezione per qualche lieve disturbo gastrointestinale.

Una metanalisi di Hajek et al. 29 ha recensito otto trial controllati, di cui sette fornivano dati comparabili ed estraibili, che messi insieme fornivano una Risk Ratio (RR) di 1,57 (95% CI 1,42-1,74).

Una volta che sono aumentati gli studi sulla CIT, anche la Cochrane, che fino ad allora non si era espressa, nel 2013 ha definito la CIT “un farmaco con effetti positivi e senza significativi eventi avversi”. Nelle conclusioni, ovviamente, si auspicavano ulteriori studi 32.

Nel dicembre 2014 Natalie Walker e collaboratori hanno pubblicato sul New England Journal of Medicine gli esiti di un trial controllato versus placebo che confrontava la CIT con la nicotina, nel trattamento della dipendenza da tabacco 33. Lo studio, effettuato in Nuova Zelanda su 655 adulti fumatori, includeva pazienti arruolati, attraverso la Quit Line neozelandese, motivati a smettere. Sono stati esclusi pazienti con ipertensione conclamata (> 100 mmg diastolica, > 150 mmHg sistolica), schizofrenia o che avessero avuto eventi cardiovascolari nelle 2 settimane precedenti, che stavano già assumendo altri farmaci per smettere di fumare, donne in gravidanza o che allattavano e pazienti con feocromocitoma.

Dopo l’effettuazione del test di Fagerstrom, i pazienti sono stati randomizzati. A tutti i partecipanti veniva fornito un supporto comportamentale telefonico, definito di “bassa intensità”, ossia una chiamata di 10-15 minuti da parte degli operatori della Quit-Line per circa 3 volte lungo il percorso di cessazione.

La valutazione comprendeva il grado di motivazione a smettere, la misurazione dei sintomi d’astinenza e del bisogno di fumare con la Mood and Physical Symptoms Scale.

Ai pazienti assegnati al gruppo NRT (Nicotine Replacement Therapy), il dosaggio veniva individuato dagli operatori seguendo le linee guida nazionali per la smoking cessation. Il gruppo assegnato alla CIT riceveva le compresse per 25 giorni, con la consegna di ridurre il numero di sigarette durante i primi 4 giorni e di cessare del tutto (Quit Day) al 5° giorno.

Gli esiti ad 1 mese dalla cessazione sono stati del 40% di astinenti nel gruppo con CIT e del 31% nel gruppo con terapia sostitutiva nicotinica. Il tasso di cessazione a 6 mesi era del 22% per la CIT e del 15% per la nicotina (Figura 3).

Il 53% dei partecipanti ha avuto una buona compliance, definita come l’assunzione di almeno 80 compresse delle 100 previste nei 25 giorni di trattamento, mentre il 67% dei pazienti aveva preso la terapia sostitutiva nicotinica come prescritto dalle Linee Guida.

Gli eventi avversi riferiti più frequenti riguardavano, nel gruppo della CIT, nausea, vomito, disturbi del sonno. La maggior parte di essi erano definiti non seri e di intensità leggera-moderata. In totale nel gruppo della CIT ci sono stati 174 eventi e nel gruppo della nicotina 134. I disturbi che hanno richiesto una ospedalizzazione sono stati 18 in entrambi i gruppi; solo in un caso un paziente trattato con nicotina è stato trattato con cure salvavita. Si sono verificati due decessi (uno per ciascun gruppo), ma attribuibili ad altre cause: un’asfissia da abuso di alcool (gruppo CIT) e un infarto nel periodo di follow-up nel gruppo NRT, ossia nella fase libera ormai da trattamento farmacologico.

In Italia è stato introdotto da Tinghino e collaboratori 34, sotto la supervisione della Società Italiana di Tabaccologia (SITAB), uno schema posologico ad induzione lenta e della durata di 40 giorni, ed è in corso uno studio osservazionale multicentrico, coordinato dallo stesso Autore, con alcuni Centri Antifumo che utilizzano la CIT. I risultati preliminari, nel campione trattato con CIT (N:153), ad 1 mese dalla fine del trattamento sono molto interessanti e mostrano un tasso di cessazione del 57,2%, di drop-out del 18,4%, mentre continuava a fumare il 13,6% dei pazienti, ed aveva fortemente ridotto il 7,7% 35.

Pertanto, oltre a bupropione, vareniclina e sostituti della nicotina, in rigorosa associazione con il counseling individuale e la terapia di gruppo, anche la CIT si è dimostrata efficace nella cessazione a lungo termine, con un tasso di risposta almeno paragonabile a quello degli altri trattamenti. Relativamente alla accettazione condivisa di un supporto farmacologico e alla compliance al trattamento, l’idea di usare un “derivato vegetale” potrebbe essere considerata più favorevolmente dai pazienti che rifiutano i comuni farmaci di sintesi.

Schemi posologici

Gli schemi di trattamento finora utilizzati all’estero prevedono percorsi brevi, di circa 25 giorni con inizio del farmaco al massimo dosaggio (6 compresse/die) e poi una graduale riduzione 33; la CIT è assunta per via orale in compresse da 1,5 mg per 25 giorni: a partire da una compressa ogni 2 ore nei giorni 1-3 (9 mg/die), con riduzione progressiva a una compressa ogni sei ore in giorni 21-25 (3 mg/giorno).

Si consiglia agli utenti di ridurre il numero di sigarette che fumano nei primi quattro giorni di trattamento, con una data di stop fumo consigliata al quinto giorno.

In Italia, viste le esperienze con altri agonisti parziali della nicotina, la SITAB, da circa 3 anni, cioè da quando il principio attivo è diventato disponibile in Italia, propone uno schema, sperimentato dapprima presso il Centro per il Trattamento del Tabagismo (CTT) di Monza, che prevede un breve periodo di induzione di 5 giorni con quit day e un trattamento più lungo con una riduzione graduale protratta fino a 40 giorni, come alcuni Centri Antifumo italiani stanno già facendo con successo 34 35.

La citisina è ben tollerata alla sua dose terapeutica

Tossicità

L’ambivalenza di questa molecola non avrebbe stupito i Greci: nella loro lingua phàrmakon indicava contemporaneamente un veleno e una medicina. La tossicità della CIT, al pari della nicotina, dipende dal dosaggio. Come la nicotina, la CIT è tossica se ingerita in grandi quantità.

Il Cytisus Laburnum (maggiociondolo) è una delle piante tossiche più conosciute nei Centri Anti-Veleno. La tossicità varia a seconda della specie, della parte di pianta ingerita, dell’età della pianta e dipende dal dosaggio. I dati che ne dimostrano la tossicità derivano da studi su roditori, cani, gatti, cavalli 36 e, come la nicotina, è tossica negli animali se ingerita in grandi quantità.

Dal punto di vista della tossicità, la CIT avrebbe, secondo Perez e collaboratori, una minore tossicità della nicotina 37.

La tossicità acuta della CIT è stata studiata in diverse specie animali. La LD50 per os stimata è 5-50 mg/kg di peso corporeo nel ratto. Quando somministrata cronicamente nei topi (3,3 mg/kg) per 45 giorni e in ratti (0,45 e 0,9 mg/kg) e cani (0,45 mg/kg) per 6 mesi, la CIT non ha causato modifiche dei dati di laboratorio clinici né dei parametri isto-morfologici, ad eccezione di alcuni cambiamenti distrofici del fegato 4.

Studi preclinici hanno mostrato un aumento delle transaminasi epatiche negli animali quando somministrata a dosi di 1,35 mg/kg per un periodo di 90 giorni 22.

La somministrazione orale di semi macinati in animali di più grossa taglia (pecore) non ha prodotto alcun effetto fino alla dose di 2,4 g/kg, ma due volte tale dose ha provocato: tremore, difficoltà nel camminare ed un stato di semicoscienza 38.

Una dose letale dei semi contenenti CIT per grandi animali (cavallo) è stata stimata in 0,5 g/kg 42.

Uno dei primi casi d’intossicazione umana fu pubblicato nel 1878 da Wiegand 4 39. L’autore riferiva di un caso in cui un soggetto adulto, avendo assunto oralmente un quarto di un seme, aveva lamentato mal di testa, diversi movimenti intestinali, grande difficoltà nel camminare e un sonno che durò diverse ore. Negli anni successivi ci sono state numerose segnalazioni di casi d’intossicazione umana a causa d’ingestione di semi di maggiociondolo. I casi più frequenti di tossicità da CIT sono riportati nei bambini o anziani 36 38 40-42.

I primi sintomi si verificano rapidamente, entro un’ora dall’ingestione, e somigliano all’intossicazione da nicotina: nausea, vomito, pallore, sonnolenza, vertigini, incoordinazione, contrazioni muscolari, e delirio e coma nei casi più gravi. Nell’avvelenamento si è osservata insufficienza respiratoria, come nell’avvelenamento da nicotina, e la morte è di solito a causa di grave insufficienza respiratoria secondaria a paralisi muscolare.

Un altro caso clinico pubblicato nel 1972 riferiva di un chimico farmaceutico di 48 anni che aveva fatto tentativi di suicidio senza successo ingerendo fino a 90 compresse (stimate in 135 mg di CIT in totale) 21. Un caso più recente, pubblicato nel 2009, ha riportato una intossicazione fatale in un giovane di 20 anni per insufficienza respiratoria acuta, dopo aver bevuto un thè fatto con foglie e semi di Laburnum anagyroides 43.

La CIT non si è dimostrata embriotossica, teratogena né citotossica in laboratorio 4.

Tollerabilità della dose terapeutica, eventi avversi e controindicazioni

L’indice terapeutico della CIT è ampio. I dati dei vari studi clinici indicano che la CIT è ben tollerata alla dose terapeutica (1,5-9 mg al giorno per 25 giorni), con pochi eventi avversi rilevati rispetto al placebo (RR aggregato = 1,09, IC 95% 0,94-1,26).

Gli eventi riportati sono per lo più di natura gastrointestinale (RR aggregato = 1,76, IC 95% 1,28-2,42) 29, generalmente non severi, non auto-limitanti e prevalentemente caratterizzati da nausea, vomito e disturbi del sonno.

Sono stati osservati inoltre cambiamento nel gusto, secchezza della bocca e della gola, diminuzione dell’appetito. Mal di testa e irritabilità sono stati osservati in alcuni pazienti il primo giorno della terapia. In due casi è stato osservato un aumento dell’espettorazione durante i primi due giorni. In tre casi è stata osservata una lieve tachicardia e un paziente ha riferito dita fredde ai piedi.

Tra gli effetti collaterali, non si è riscontrato un aumento ponderale significativo (71,62 ± 14,38 kg, all’inclusione nello studio e 72,16 ± 14,33 kg alla fine dello studio).

È stato osservato un aumento significativo (p < 0,05) nei valori di pressione arteriosa (poco meno di 3 mmHg) tra l’inizio dello studio e la fine: per la pressione sistolica da 117,37 ± 14,42 mmHg a 120,00 ± 12,32 mmHg, per la diastolica da 77,88 ± 10,59 a 80,17 mmHg ± 8 mmHg 34.

Gli eventi avversi osservati nel gruppo della CIT nei vari studi controllati verso placebo e verso nicotina 29 44-46 sono simili a quelli osservati in un audit clinico di 436 fumatori in una clinica per la cessazione in Polonia 30.

Sintomi analoghi all’intossicazione da nicotina sono osservati nel sovradosaggio da CIT e comprendono nausea, vomito, dilatazione della pupilla, tachicardia, debolezza generale, convulsioni cloniche e paralisi della respirazione 43.

Controindicazioni per la CIT, come elencato dai produttori, includono ipertensione arteriosa grave, aterosclerosi avanzata e gravidanza/allattamento al seno. La cautela è raccomandata dai produttori per i fumatori che hanno cardiopatia ischemica, insufficienza cardiaca, lesioni cerebrovascolari, malattie arteriose obliteranti, ipertiroidismo, diabete, insufficienza renale/epatica e ulcera peptica. Queste avvertenze appaiono teoriche e probabilmente dichiarate a causa dell’esperienza clinica insufficiente con la CIT nei fumatori in tali condizioni. D’altra parte, alcune licenze di prodotto NRT hanno avvertenze simili, nonostante la loro comprovata sicurezza in 30 anni.

La citisina è più economica di altri trattamenti per smettere di fumare

Le recenti analisi cliniche suggeriscono che la CIT può facilitare la cessazione del fumo e potrebbe essere un’alternativa economica ad altre opzioni di trattamento più costose 29 31 33, con un buon rapporto costo/efficacia.

Infatti un altro fattore importante che ne ha determinato la vasta diffusione soprattutto all’Est è il suo basso costo rispetto agli altri farmaci antifumo, sostituti nicotinici (NRT), bupropione e vareniclina. Purtroppo i costi per il fumatore che intraprende un percorso di smoking cessation con utilizzo di farmaci indicati di prima linea dalle Linee Guida internazionali (NRT, bupropione, vareniclina) risultano piuttosto elevati in particolare per le fasce meno abbienti e per i Paesi in via di sviluppo 31.

Uno dei principali vantaggi della CIT rispetto ad altri prodotti di cessazione farmacologica è quindi il buon rapporto costo/efficacia. La CIT è efficace quanto la vareniclina 47 e costa circa un decimo rispetto alle terapie farmacologiche esistenti. Al momento, le Linee Guida internazionali sul trattamento del tabagismo raccomandano l’uso di diversi farmaci per aiutare a smettere di fumare come ad esempio la terapia sostitutiva della nicotina (in forma di gomma, cerotti, pastiglie, inhaler e spray), la vareniclina o il bupropione, ed in una recente review 48 si affermava che “CIT è autorizzata per smettere di fumare solo in alcuni Paesi. Vi sono dati di un RR di 3,98 (da 2,10 a 7,87) per la smoking cessation a lungo termine rispetto al placebo, con pochi problemi di sicurezza e lievi eventi avversi”.

Per questi motivi, la CIT risulterebbe molto più concorrenziale rispetto agli altri farmaci per il tabagismo, tuttavia le autorità regolatorie europee continuano a negare le necessarie autorizzazioni per commercializzarla quale farmaco per la cura del tabagismo. Attualmente come farmaco può essere comprato liberamente in Polonia e in Russia e su prescrizione medica in altri paesi ex-sovietici 49.

Nell’Europa dell’Est la CIT costa circa $20-$30 per un ciclo completo di 25 giorni. In confronto, l’NRT costa circa $112-$685 per un corso completo di 8-10 settimane, mentre la vareniclina circa US $474-$501 per un ciclo completo di 12 settimane 50.

Grazie al suo basso costo, la CIT è accessibile anche nei Paesi a basso reddito, secondo il “Calcolo dell’efficacia e della convenienza economica” recentemente sviluppato e pubblicato da Robert West et al. 51.

Altre ricerche hanno dimostrato che la CIT ha il costo più basso aggiustato per qualità di vita/anno (QALY) rispetto a tutti i farmaci per smettere di fumare (stimati per fumatori di età compresa tra 35 e 54 anni a US $ 162) 52 53.

D’altra parte anche la durata del trattamento va ad incidere sui costi: la CIT richiede una durata standard del trattamento più contenuta (4-8 settimane rispetto alle 12 degli altri farmaci).

Due studi di non inferiorità che esaminano l’efficacia e la costo/efficacia della CIT rispetto alla vareniclina per smettere di fumare sono attualmente in corso in Australia (N = 1.242) e Nuova Zelanda (N = 2.140).

Conclusioni

La CIT sembra essere il farmaco più antico usato per smettere di fumare. Dopo molti anni di oblio, la CIT è attualmente un farmaco interessante per i chimici, farmacologi e clinici grazie al fatto di essere poco costoso, sicuro ed efficace per smettere di fumare, come dimostrato da studi clinici recenti.

Le Linee Guida cliniche, in genere, garantiscono un trattamento appropriato ed efficace, ma, in base al principio della “personalizzazione” dell’intervento terapeutico, in smoking cessation si rende opportuno ampliare gli studi sullo spettro degli interventi terapeutici a basso costo, non limitandoli solamente ai farmaci correnti (vareniclina e bupropione) e ai prodotti sostitutivi della nicotina (cerotti, gomme, compresse, spray, inhaler). Tutto ciò rende la CIT, pur essendo considerata dalle Linee Guida un farmaco di seconda linea, una molecola interessante per la terapia antifumo, soprattutto per le persone meno abbienti e per i Paesi in via di sviluppo.

Figure e tabelle

Figura 1.Fiori di maggiociondolo.

Figura 2.Astensione dal fumo a 12 mesi con citisina vs placebo (da West et al., 2011 31, mod.).

Figura 3.Tassi di cessazione a 6 mesi. Walker et al. (da Walker et al., 2014 33, mod.).

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Affiliazioni

Vincenzo Zagà

Medico Pneumologo, Presidente Società Italiana di Tabaccologia (SITAB), Bologna

Salvatore Cardellicchio

Pneumologia, Responsabile Centro Antifumo, Azienda Ospedaliero Universitaria Careggi, Firenze

Rosastella Principe

Pneumologia, Responsabile Centro Antifumo, Ospedale S. Camillo-Forlanini, Roma

Biagio Tinghino

UOS Alcologia e Nuove Dipendenze, Dipartimento di Salute Mentale e delle Dipendenze, ASST di Vimercate (MB)

Copyright

© Associazione Italiana Pneumologi Ospedalieri – Italian Thoracic Society (AIPO – ITS) , 2018

Come citare

Zagà, V., Cardellicchio, S., Principe, R., & Tinghino, B. (2018). Citisina, il veleno naturale che cura il tabagismo. Rassegna Di Patologia dell’Apparato Respiratorio, 33(2), 85-91. https://doi.org/10.36166/2531-4920-2018-33-25
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