Patologie Infettive Respiratorie e Tubercolosi
I tre articoli della letteratura internazionale pubblicati nel 2017 attinenti la infettivologia respiratoria di seguito commentati sono solo alcuni di una lunga lista di studi interessanti comparsi sulle riviste di maggior rilievo.
Linee guida europee sulla gestione delle polmoniti nosocomiali (HAP) e associate alla ventilazione (VAP)
Le nuove linee guida ERS/ESICM/ESCMID/ALAT 1 (European Respiratory Society/European Society of Intensive Care Medicine/European Society of Clinical Microbiology and Infectious Diseases/Latin American Thoracic Association) pubblicate a quasi dieci anni dalle precedenti, e a distanza di un anno circa da quelle statunitensi dell’IDSA/ATS (Infectious Diseases Society of America/ American Thoracic Society) sono un documento complesso per la cui elaborazione sono state selezionate 109 referenze bibliografiche tra lavori clinici randomizzati, studi osservazionali e revisioni sistematiche in lingua inglese.
L’incidenza della HAP/VAP varia tra 5 e 20 casi/1.000 ricoveri e rappresenta la principale causa di morte tra le infezioni nosocomiali nei pazienti critici con incremento dei costi sanitari per l’aumentare della durata del ricovero.
Gli aspetti e le raccomandazioni più importanti di queste linee guida non si discostano tanto da quelle statunitensi e vengono riassunti nei seguenti punti:
- la “popolazione batterica” e la resistenza agli antibiotici nel singolo ospedale sono considerati fattori di rischio importanti che si aggiungono a quelli tradizionali (pregresse terapie antibiotiche, recenti ospedalizzazioni, ecc.) per stimare il rischio di infezioni sostenute da patogeni MDR (Multidrug-Resistant) con conseguenti risvolti nell’approccio terapeutico empirico iniziale. Di qui la necessità di elaborare dati epidemiologici locali.
- La terapia empirica iniziale deve tenere conto dei suddetti fattori di rischio per patogeni MDR, del rischio di mortalità e delle condizioni cliniche del paziente, specie lo shock settico. L’approccio terapeutico consigliato prevede infatti la monoterapia (ertapenem, ceftriaxone, cefotaxime, moxifloxacina o levofloxacina) nei casi a basso e ad alto rischio per patogeni Gram negativi MDR (soprattutto Pseudomonas Aeruginosa), ma senza shock settico. Nel caso si sospetti un possibile ruolo eziologico di Staphylococcus Aureus Meticillino-Resistente (MRSA), sulla base della prevalenza locale di isolamento di MRSA > del 25% di tutti gli isolati respiratori di S. Aureus, viene consigliato di associare una terapia empirica per questo germe (vancomicina o linezolid). Nei casi ad alto rischio per MDR e mortalità (> 15%) si passa all’associazione di due antibiotici anti-Pseudomonas anche per coprire l’Acinetobacter e gli Enterobatteri produttori di beta lattamasi ad ampio spettro (ESBL). I farmaci utilizzati sono i beta-lattamici (imipenem, meropenem, cefepime, piperacillina/tazobactam, ceftazidima, aztreonam) più un aminoglicoside (amikacina, tobramicina, gentamicina) o un chinolone (cipro- o levofloxacina). Nel caso si sospetti l’Acinetobacter viene consigliata la colistina, mentre per i microrganismi produttori di ESBL particolarmente resistenti a cefalosporine di terza generazione vengono suggeriti i carbapenemici. La copertura per MRSA si attua con gli stessi criteri riportati sopra.
- Il BAL per l’esame colturale finalizzato a identificare l’agente patogeno prima di iniziare il trattamento antibiotico viene raccomandato nei pazienti stabili per mirare la terapia antibiotica ed anche prima di qualsiasi rimodulazione terapeutica. Questo approccio è tuttavia problematico nei pazienti critici, specie se in distress respiratorio o shock settico, per le potenziali complicanze sugli scambi respiratori dell’esame broncoscopico.
- La durata della terapia antibiotica non dovrebbe superare 7-8 giorni salvo casi di terapia empirica iniziale inappropriata o nelle forme più gravi (immunodeficienza, ascesso polmonare, empiema, polmonite necrotizzante…) e dovrebbe basarsi sulla valutazione clinica del paziente (obiettività, qualità e quantità dell’espettorato, conta dei globuli bianchi, rapporto PaO2/FiO2, Rx torace, scale di gravità) senza il ricorso routinario, salvo casi particolari, alla determinazione seriale di biomarcatori (PCR, PCT) per valutare la risposta clinica al trattamento adottato.
Ruolo del test per l’antigene urinario (UAT) per il pneumococco nella diagnosi delle polmoniti acquisite in comunità (CAP)
Le CAP rappresentano la principale causa di morte per polmonite nel mondo. L’agente eziologico più frequentemente responsabile è lo Streptococcus Pneumoniae che si ritrova in tutti i setting assistenziali dall’ambulatorio alla terapia intensiva. La diagnosi microbiologica risulta tuttavia possibile solo nei casi di polmonite pneumococcica invasiva (IPP) in cui si riesce ad ottenere una coltura positiva da sangue o liquido pleurico. Nei casi invece di isolamento del germe nell’espettorato, la diagnosi può essere solo presunta o probabile in considerazione del frequente riscontro dello stesso nel tratto respiratorio superiore (naso e gola) di soggetti sani. Ne derivano incertezze nella determinazione del peso epidemiologico con intuibili ripercussioni sulla programmazione sanitaria anche in ordine alla vaccinazione antipneumococcica.
In questo studio prospettico osservazionale monocentrico spagnolo 2 durato 14 anni e condotto su più di 5.000 CAP sono stati diagnosticati 779 (15%) casi di polmonite pneumococcica e di questi 361 (46%) IPP sulla base della positività delle colture su sangue (44%) o liquido pleurico (2%). Le rimanenti 418 (54%) polmoniti pneumococciche non invasive (NIPP) sono state diagnosticate sulla base della positività dell’UAT. Questo test, che non è particolarmente diffuso nei laboratori di microbiologia del nostro territorio nazionale, rileva mediante tecnica immunocromatografica l’antigene pneumococcico polisaccaridico capsulare C che viene escreto nelle urine indipendentemente dalla presenza di batteriemia. È un test economico, di facile esecuzione, che consente la diagnosi di polmonite da pneumococco con una alta specificità e sensibilità.
Per quanto i dati di questo lavoro meritino di essere confermati da altri studi, l’utilizzo più ampio della UAT consentirebbe di confermare la diagnosi di polmonite pneumococcica in un’alta percentuale di casi fornendo dati epidemiologici più attendibili circa l’incidenza della malattia da pneumococco.
Effetto temporale della vaccinazione con bacillo di Calmette-Guerin (BCG) sul test cutaneo alla tubercolina (TST)
La vaccinazione con il BCG viene somministrata nei neonati e nei bambini in età scolare dei Paesi ad alta endemia tubercolare con l’intento di prevenire la malattia tubercolare. La vaccinazione tuttavia può generare reazioni crociate con il TST.
La probabilità di un falso risultato positivo al TST dovuto al BCG influisce inevitabilmente sulla decisione dell’utilizzo o meno dell’interferone gamma (IGRA) nei soggetti vaccinati per diagnosticare l’Infezione Tubercolare Latente (ITL) ed avviare a chemioprofilassi i pazienti a maggior rischio di progressione verso la malattia tubercolare. I CDC (Centers for Disease Control and Prevention) affermano che l’effetto sul risultato del TST del BCG non supera i 10 anni e raccomandano l’uso preferenziale dell’IGRA nei vaccinati con BCG per ridurre i falsi positivi aumentando la specificità diagnostica.
L’età in cui viene praticata la vaccinazione influisce sul risultato nel TST. La letteratura è abbastanza concorde nel ritenere che l’efficacia vaccinale svanisce entro un anno in età infantile, mentre c’è incertezza nei soggetti vaccinati dopo l’infanzia con effetti stimati di persistenza della reattività al TST post-vaccinale secondo le varie metanalisi tra 10 e 15 anni.
La valutazione dell’effetto a lungo termine, superiore a 25 anni, del BCG sul TST è stato affrontato poche volte. Questo studio statunitense di coorte retrospettivo 3 ha valutato questo effetto nel lungo periodo tra 15 anni e fino a 55 anni dopo la vaccinazione con BCG. I dati sono stati ricavati da due fonti: un trial condotto su 3.008 soggetti vaccinati nel periodo 1935-1947 con BCG contro placebo di età compresa tra 1 e 20 anni di età valutati con il TST durante il periodo dello studio (l’obiettivo primario dello studio era valutare l’efficacia del vaccino) e uno studio longitudinale di follow-up dal 1948 al 1998 degli stessi soggetti.
I dati dello studio documentano che la somministrazione del vaccino dopo l’infanzia può influenzare il risultato del TST ben oltre i 10 anni convenzionalmente accettati dai CDC considerato che tale associazione è stata documentata durante l’intervallo preso in esame da 16 a 55 dopo la vaccinazione. Va da sé che la vaccinazione dovrebbe essere presa sempre in considerazione quando si interpretano i risultati del TST indipendentemente dal tempo trascorso dalla vaccinazione.
Riferimenti bibliografici
- Torres A, Niederman MS, Chastre J. International ERS/ESICM/ESCMID/ALAT Guidelines for the management of hospital-acquired pneumonia and ventilator-associated pneumonia: Guidelines for the management of hospital-acquired pneumonia (HAP)/ventilator-associated pneumonia (VAP) of the European Respiratory Society (ERS), European Society of Intensive Care Medicine (ESICM), European Society of Clinical Microbiology and Infectious Diseases (ESCMID) and Asociación Latinoamericana del Tórax (ALAT). Eur Respir J. 2017; 50:pii:1700582.
- Ceccato A, Torres A, Cilloniz C. Invasive disease vs urinary antigen-confirmed pneumococcal Community-Acquired Pneumonia. Chest. 2017; 151:1311-9.
- Mancuso JD, Mody RM, Olsen CH. The long-term effect of bacille Calmette-Guérin vaccination on tuberculin skin testing. Chest. 2017; 152:282-94.
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