Terapia Intensiva Respiratoria
Gli articoli commentati si riferiscono a tre tematiche importanti in terapia intensiva: la ventilazione meccanica non invasiva (NIV) nell’Insufficienza Respiratoria Acuta (IRA), lo svezzamento dalla ventilazione meccanica ed infine la problematica della limitazione/sospensione delle cure.
Linee guida sulla ventilazione non invasiva nell’IRA
Nel 2017 sono state pubblicate le raccomandazioni per l’applicazione della NIV nell’IRA realizzate da una task force multidisciplinare di esperti appartenenti alla European Respiratory Society (ERS) e all’American Thoracic Society (ATS) 1. Il documento incorpora le più recenti evidenze scientifiche chiarendo il ruolo della NIV in diverse condizioni cliniche. Accanto alle consolidate evidenze nell’IRA ipercapnica da riacutizzazione di BPCO e nell’edema polmonare acuto cardiogeno non dovuto a sindrome coronarica acuta o shock cardiogeno, gli Autori raccomandano l’utilizzo della NIV in altre condizioni emergenti. Queste indicazioni comprendono l’uso della NIV nella prevenzione dell’IRA post-estubazione nei pazienti ad elevato rischio, nello svezzamento dei pazienti con IRA ipercapnica, nella palliazione dei sintomi nel malato terminale e nell’IRA postoperatoria. Rimane controversa l’indicazione nell’IRA legata ad asma bronchiale e nell’IRA de novo, in particolare nell’ARDS (Acute Respiratory Distress Syndrome). In queste condizioni non esiste un’evidenza sufficiente per giustificare l’uso della NIV, eccetto nei pazienti immunocompromessi. Le evidenze rilevate in quest’ultima popolazione di pazienti suggeriscono che la NIV debba essere usata precocemente per prevenire l’intubazione e i rischi connessi alla Ventilazione Meccanica (VM) invasiva piuttosto che come alternativa della VM. In ambito dell’IRA ipossiemica, gli Autori enfatizzano il ruolo della High Flow Oxygen Therapy (HFOT) in diversi contesti clinici. La specificità del setting e l’expertise del team in queste raccomandazioni sono considerate alla base del trattamento dell’IRA. L’inclusione di nuove metodiche, la necessità di delineare campi di ricerca futura e l’impatto pratico dei contenuti rappresentano aspetti importanti di queste linee guida.
WIND Study
In letteratura non esiste una definizione univoca di svezzamento (weaning), un processo complesso e delicato nella gestione del malato critico, che si rifletta in un progressivo e graduale passaggio dalla VM fino al ripristino completo del Respiro Spontaneo (RS). Il termine “liberazione” dalla VM sta subentrando a quello di “svezzamento”, enfatizzando l’attenzione sul fatto che la VM è prima di tutto un fattore di rischio per complicanze piuttosto che semplice fonte di dipendenza. La classificazione della International Consensus Conference (ICC) del 2007 prevede tre gruppi di weaning: “semplice” (estubazione al primo tentativo), “difficile” (richiede 1-3 tentativi per l’estubazione e un tempo inferiore a 7 giorni), “prolungato” (caratterizzato da almeno 3 tentativi falliti e un tempo superiore alla settimana).
Béduneau et al. hanno recentemente condotto uno studio osservazionale-prospettico multicentrico, denominato WIND (Weaning accordIng to New Definition), in 2.709 pazienti sottoposti a VMI e ricoverati in 36 Unità di Terapia Intensiva (UTI) europee per valutare lo svezzamento e la prognosi associata 2. L’inizio dello svezzamento è stato considerato come il primo tentativo di liberazione dal ventilatore. Il 50% dei pazienti non rientrava nella precedente definizione della ICC, pertanto gli Autori hanno identificato i casi arruolati nella seguente classificazione: gruppo 0 (nessun tentativo, 24,3%); gruppo I, svezzamento semplice (primo tentativo riuscito, 57%); gruppo II, svezzamento difficile (estubazione riuscita entro 2-7 giorni dopo il primo tentativo e per non più di 3 tentativi, 10%), gruppo III, svezzamento prolungato (8,7%) suddiviso in IIIA (gruppo con estubazione riuscita dopo 7 giorni dal primo tentativo e/o 3 tentativi di svezzamento, 61,7%) e IIIB (pazienti con almeno 1 tentativo ed estubazione fallita). I risultati mostrano che il 67% dei casi è stato svezzato dalla VM con un tasso di reintubazione pari all’8,8% (simile a quello riportato in altri studi), il 5% dei pazienti è risultato ventilatore-dipendente. Nel 24% dei casi non è mai stato intrapreso un processo di weaning e la mortalità stimata era del 28%. I fattori associati ad uno svezzamento precoce sono risultati: minore età e punteggio SOFA (Sequential Organ Failure Assessment) all’ammissione, breve durata della VM prima del tentativo di svezzamento, ricovero per chirurgia d’elezione. Il trial di RS era ugualmente distribuito tra le modalità “Tubo a T” e Ventilazione con Pressione di Supporto (PSV) con una efficacia di entrambe le metodiche del 50%. Gli Autori hanno enfatizzato il ruolo del primo tentativo di svezzamento nella definizione dei tre gruppi; questa suddivisione ha mostrato una correlazione diretta in termini di morbilità, durata di degenza e mortalità (p < 0,001). L’uso di protocolli operativi standardizzati non si è rilevato un fattore positivo nella riuscita di uno svezzamento precoce; questo rafforza l’evidenza che esiste una popolazione con weaning prolungato/difficile ed elevato consumo di risorse che necessita di essere ulteriormente analizzata.
Limitare o sospendere i trattamenti di supporto vitale in UTI
La decisione di limitare (withholding) o sospendere (withdrawing) i trattamenti di supporto vitale, qualora questi si rivelino futili, rappresenta uno degli aspetti più complessi in terapia intensiva.
Uno studio multicentrico internazionale, che ha coinvolto 730 UTI in 84 Paesi, ha analizzato le variabili (incluso il prodotto interno lordo-PIL) che possono influenzare in modo indipendente le decisioni delle cure di fine vita in terapia intensiva 3. La decisione di limitare/sospendere i trattamenti è stata rilevata nel 13% della casistica, includendo sopravvissuti (5%) e non-sopravvissuti (40%). La mortalità ospedaliera era del 24%, con tassi di mortalità più elevati nei pazienti con una decisione di limitare/sospendere i trattamenti rispetto a quelli senza questa volontà (56% vs 11%, p < 0,001). Le decisioni di limitazione/sospensione dei supporti erano meno frequenti nei Paesi a basso reddito rispetto ai Paesi con PIL elevato (6% vs 14%; p < 0,001). La gravità della malattia e delle comorbilità, la presenza di più compromissioni d’organo, il numero di ammissioni in ospedale sono risultati predittori indipendenti della scelta di limitare/sospendere le cure.
Potenziali spiegazioni di questi risultati possono essere ricondotte al fatto che le decisioni di limitare/sospendere i supporti vitali possono essere meno esplicite nei Paesi a basso reddito per mancanza di politiche in ambito bioetico, per fattori religiosi e probabilmente per limitata disponibilità di centri specializzati (minor uso di VM e metodiche extracorporee).
La varietà dei casi clinici e delle cure applicabili, i diversi approcci culturali e giuridici, la mancanza di percorsi formativi istituzionali in ambito dei temi di fine vita sono alla base delle difficoltà della creazione di principi universalmente condivisibili e della proporzionalità delle cure nella real life.
Riferimenti bibliografici
- Rochwerg B, Brochard L, Elliott MW. Official ERS/ATS clinical practice guidelines: noninvasive ventilation for acute respiratory failure. Eur Respir J. 2017; 5050:pii:1602426.
- Béduneau G, Pham T, Schortgen F, WIND (Weaning accordIng to a New Definition) Study Group and the REVA (Réseau Européen de recherche en Ventilation Artificielle) Network. Epidemiology of weaning outcome according to a new definition: the WIND study. Am J Respir Crit Care Med. 2017; 195:772-83.
- Lobo SM, De Simoni FHB, Jakob SM, ICON Investigators. Decision-making on withholding or withdrawing life support in the ICU. A worldwide perspettive. Chest. 2017; 152:321-9.
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