Correva l'anno 2017
Pubblicato: 2018-04-15

Pneumologia Riabilitativa e Assistenza Domiciliare

Dipartimento di Medicina e Chirurgia, Clinica Pneumologica, Università di Parma

Articolo

Nell’ultimo anno la letteratura scientifica ha prodotto numerosi articoli di particolare interesse nell’ambito della Pneumologia Riabilitativa e dell’Assistenza Domiciliare. La mia scelta sui lavori di maggior impatto è ricaduta su articoli riguardanti il paziente con Broncopneumopatia Cronica Ostruttiva (BPCO) e il paziente con Sclerosi Laterale Amiotrofica (SLA), rispettivamente in riferimento agli ambiti della riabilitazione respiratoria e dell’assistenza domiciliare.

Sono ormai consolidate le evidenze sull’efficacia del trattamento riabilitativo nel paziente con BPCO. Conosciamo invece poco, e da qui l’obiettivo del primo lavoro 1, sui benefici a lungo-termine di un programma riabilitativo di mantenimento. In questo studio prospettico, realizzato in più centri in Spagna, dopo un percorso ambulatoriale di 8 settimane, 138 pazienti con BPCO venivano randomizzati in un gruppo di intervento che continuava per tre anni un percorso simile al domicilio (fisioterapia toracica, allenamento arti inferiori e superiori, per almeno 3 volte a settimana) o in un gruppo di controllo, solo monitorato. Solo nel gruppo di intervento si riusciva a dimostrare che la tolleranza al cammino, valutata sulla base della distanza percorsa al test del cammino dei 6 minuti (6MWD), si manteneva per i primi due anni, per poi ridursi al terzo; risultati simili si ottenevano anche nell’indice composito BODE, differente tuttavia solo al follow-up dei 2 anni. Nonostante lo studio riesca a dimostrare che attraverso un programma di mantenimento si ottengano benefici selettivamente sull’abilità al cammino (inspiegabilmente non erano evidenti miglioramenti sui sintomi e qualità di vita), credo che possa essere di riflessione valutare i dati inerenti alla percentuale dei pazienti che hanno interrotto il percorso e l’aderenza al progetto. Il 53% dei pazienti ha interrotto il follow-up e questo indipendentemente dall’appartenenza al gruppo di intervento o di controllo; sebbene una metà di chi ha interrotto abbia volontariamente rifiutato di continuare, l’altra metà ha avuto un peggioramento clinico tale da dover sospendere il programma (ospedalizzazioni, necessità di ossigeno, marcata dispnea durante le attività) o è andata incontro a decesso (20% di chi ha interrotto). La considerazione che nasce allora è: non saranno stati arruolati pazienti troppo severi per poter avere reali benefici nel lungo termine? Effettivamente tra le caratteristiche generali del campione è evidente una più che severa compromissione funzionale (volume espiratorio forzato nel 1° secondo - FEV1 media ± deviazione standard 34% del predetto ± 10). Un altro aspetto rilevante è l’aderenza, che risultava significativamente elevata nel gruppo di intervento (66%) verso il gruppo di controllo (17%). Questo aspetto conferma ancora di più che i pazienti dovrebbero essere seguiti (con qualunque strategia, che siano contatti telefonici seriati o visite) e motivati da personale specializzato. Nonostante un programma semplice sicuramente faciliti, la promozione dell’attività fisica nel paziente dopo un programma riabilitativo dovrebbe essere sempre auspicabile.

Partendo proprio dalla necessità di incrementare l’attività fisica nei pazienti BPCO, il secondo lavoro che segnalo 2 si proponeva di valutare nel breve e lungo termine se un pedometro, strumento di semplice utilizzo in grado di misurare il numero di passi eseguiti, in aggiunta alla riabilitazione potesse aumentare l’attività fisica moderata-intensa (tempo speso ≥ a 3 equivalenti metabolici o METs). Lo studio, di provenienza inglese, realizzato dal gruppo di William Man, riferimento internazionale della riabilitazione, presentava un disegno singolo-cieco (ovviamente solo per il valutatore), randomizzato-controllato, che tuttavia si è servito di un processo di bilanciamento delle caratteristiche basali (età, sesso, FEV1, tolleranza all’esercizio ed attività fisica basali). Durante la riabilitazione, il target del numero di passi da eseguire aumentava quotidianamente, sensibilizzando il paziente sui vantaggi clinici derivati; alla fine della riabilitazione i pazienti ricevevano un target di passi da eseguire giornalmente nel follow-up, che in genere era il 20% in più rispetto alla valutazione pre-riabilitazione. Dopo 8 settimane di riabilitazione e nel follow-up di 6 mesi, il tempo speso ≥ a 3 METs era simile nei due gruppi in studio, fallendo l’ipotesi di studio. La stratificazione delle caratteristiche basali ha sì ridotto il rischio di bias di allocazione iniziale nei due gruppi, ma non ha permesso probabilmente che la variazione post-intervento del pedometro fosse significativamente sufficiente. Questi risultati, rifacendomi allo studio precedente, mettono in luce un enorme divario tra quella che è l’efficacia riabilitativa (dimostrata, consolidata!) e quella che è la possibilità (o volontà) che i pazienti hanno di cambiare il loro stile di vita, incrementando l’attività fisica, vero e forte predittore di mortalità. Infatti, e lo studio ne riporta nota, il parere dei pazienti è stato diverso, da apprezzamenti (è stato visto come un incentivo a camminare) a disapprovazione (impedimenti con il vestiario, distrazione per il controllo frequente del numero di passi). In ogni caso, al completamento della riabilitazione, nel follow-up i pazienti hanno riferito una riduzione della loro attività fisica proprio per mancanza di incentivi. In conclusione, in questo ambito sono ancora necessarie strategie alternative per motivare il paziente.

Il terzo lavoro che segnalo riguarda l’efficacia di un programma di adattamento precoce alla Ventilazione Meccanica Non Invasiva (VMNI) in pazienti affetti da SLA 3. Questa volta, orgoglio tutto nostro italiano, lo studio è stato coordinato da Michele Vitacca, che si è avvalso dell’esperienza decennale sulla VMNI in una tipologia di paziente che necessita particolare riguardo pneumologico. Lo studio, retrospettivo, real life, che ha interessato 194 pazienti con SLA (29% ad esordio bulbare), ha considerato pazienti che iniziavano precocemente la VMNI (capacità vitale forzata-CVF ≥ 80% del predetto) in confronto a pazienti che iniziavano la VMNI tardivamente (CVF < 80% del predetto). Si è dimostrato per la prima volta che l’uso precoce della ventilazione, indipendentemente dalla tracheostomia ed in un follow-up di 3 anni, riduce il rischio di mortalità dei pazienti, soprattutto se ad esordio non bulbare. Nella analisi di distribuzione dei sopravvissuti, tuttavia, la percentuale dei pazienti a 3 anni era maggiore anche nei pazienti bulbari, se questi avessero iniziato precocemente la ventilazione piuttosto che tardivamente (15% vs 1%, rispettivamente). Lo studio dimostra inoltre che il rischio di morte è ridotto in pazienti che avevano eseguito la tracheostomia, questa volta indipendentemente dall’esordio bulbare o non bulbare. A prescindere dai pregevoli risultati che comunque necessitano di conferme attraverso studi randomizzati-controllati, credo che meriti menzione, a proposito di assistenza domiciliare, l’enorme sforzo che il gruppo ha eseguito (e che tutti i giorni gli specialisti del settore eseguono) nell’adattare i pazienti alla VMNI. Questo, e non bisogna mai dimenticarlo, fa parte, come nel caso dello studio citato, di un percorso prezioso di assistenza multidisciplinare (infermieri, fisioterapisti, logopedisti, nutrizionisti, psicologi, oltre che neurologi ed ovviamente pneumologi). La squadra vince sempre!

Riferimenti bibliografici

  1. Güell MR, Cejudo P, Ortega F. Benefits of long-term pulmonary rehabilitation maintenance program in patients with severe chronic obstructive pulmonary sisease. Three-year follow-up. Am J Respir Crit Care Med. 2017; 195:622-9.
  2. Nolan CM, Maddocks M, Canavan JL. Pedometer step count targets during pulmonary rehabilitation in chronic obstructive pulmonary disease. A randomized controlled trial. Am J Respir Crit Care Med. 2017; 195:1344-52.
  3. Vitacca M, Montini A, Lunetta C, ALS RESPILOM Study Group. Impact of an early respiratory care program with NIV adaptation in patients with ALS. Eur J Neurol. 2018; 25:556-e33.

Affiliazioni

Ernesto Crisafulli

Dipartimento di Medicina e Chirurgia, Clinica Pneumologica, Università di Parma

Copyright

© Associazione Italiana Pneumologi Ospedalieri – Italian Thoracic Society (AIPO – ITS) , 2018

Come citare

Crisafulli, E. (2018). Pneumologia Riabilitativa e Assistenza Domiciliare. Rassegna Di Patologia dell’Apparato Respiratorio, 33(2), 76-77. https://doi.org/10.36166/2531-4920-2018-33-20
  • Abstract visualizzazioni - 144 volte
  • PDF downloaded - 48 volte