Disturbi respiratori nel sonno
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L’interesse per la patogenesi delle apnee ostruttive nel sonno (OSA) è stato recentemente rivitalizzato dalla necessità di individuare i pazienti con buone probabilità di successo di trattamenti alternativi alla CPAP (opzioni chirurgiche, dispositivi di avanzamento mandibolare, dispositivi posturali, pacing dell’ipoglosso). La ricostruzione dei principali meccanismi alla base del collasso delle prime vie aeree e la loro discriminazione sulla base del pattern ventilatorio dei monitoraggi poligrafici notturni ha rappresentato un deciso passo avanti in tal senso, consentendo di discriminare le componenti principali (drive respiratorio, tendenza al collasso passivo del faringe, capacità di reclutamento della muscolatura faringea, soglia di arousal) della complessa fisiopatologia delle apnee ostruttive. Tuttavia questo modello non consentiva di individuare l’informazione cruciale di come il collasso delle vie aeree si sviluppasse durante il sonno e quali distretti interessasse in modo elettivo. Lo stesso gruppo ha perciò ideato un modello sperimentale con un catetere faringeo provvisto di più sensori di pressione che permette di individuare le modificazioni dei singoli segmenti del faringe durante il collasso delle vie aeree 1 e lo ha posizionato in 31 pazienti (7 F) con OSA grave (56 ± 28 eventi/ora) applicando una bassa pressione di CPAP (2-3 cm H2O) per prevenire il collasso completo delle vie aeree, individuando le zone più sottoposte all’effetto della pressione negativa intratoracica e più prone al collasso. Oltre 2.500 respiri sub-occlusi sono stati comparati con il profilo della curva di flusso rilevata con un pneumotacografo nell’ipotesi che la morfologia della parte inspiratoria della curva (che rappresenta l’andamento del flusso nelle vie aeree extra-toraciche) avesse aspetti diversi a seconda della localizzazione dell’ostruzione: baselingua, palato, pareti laterali del faringe, epiglottide.
La difficoltà maggiore era riuscire a trovare un indice quantitativo che consentisse di classificare l’aspetto pleiomorfo delle curve di flusso per ottenere una correlazione col dato quantitativo fornito dai trasduttori di pressione. Gli Autori hanno proposto un indice definito NED (Negative Effort Dependence) che consiste nella percentuale di riduzione del flusso inspiratorio tra il picco di flusso inspiratorio e la fase di plateau. La correlazione con il sito di ostruzione mostra come il valore del NED sia minimo per il collasso a livello linguale, moderato per il collasso palatale e maggiore per il collasso dell’epiglottide, quest’ultimo caratterizzato anche visivamente da un nettissimo “scalino” o da un aspetto a coda di rondine molto ben identificabili (e confermati da uno studio successivo pubblicato da altri Autori su ERJ 2017;50:1700345). Quanto tutto ciò sia trasferibile ai tracciati effettuati con la nasocannula in ambito clinico deve ovviamente essere dimostrato, ma sicuramente ci troviamo di fronte ad un’altra pietra miliare nel percorso verso l’approccio personalizzato in questa materia.
Il dibattito sull’utilizzo della Polisonnografia Completa (PSG) o del Monitoraggio Cardiorespiratorio (MCR) nella diagnostica dell’OSA non è ancora sopito. L’American Academy of Sleep Medicine ha aggiornato le proprie linee guida in un position paper pubblicato ad inizio anno su J Clin Sleep Med con gli abituali distinguo tra pazienti sintomatici e a rischio di altre patologie nel sonno, in cui sottolinea sempre il ruolo cardine del medico esperto in disturbi del sonno. Un tassello importante in questo dibattito è apportato da uno studio multicentrico spagnolo 2 che dando per assodato come nei pazienti gravi non vi siano ormai dubbi sul rapporto costo/beneficio dell’utilizzo dei sistemi domiciliari non PSG, si focalizza anche su pazienti con sospetto intermedio di OSA (russamento, scala di Epworth > 10, senza sospetto di altre patologie del sonno). Sono stati randomizzati 430 pazienti in due bracci, uno avviato a PSG di laboratorio, l’altro a MCR con successivo training in autoCPAP e prescrizione di CPAP nel lungo termine nei casi positivi e terapia conservativa o non trattamento negli altri casi. Il protocollo di non inferiorità prevedeva come indicatore di risultato primario che la differenza tra i due gruppi rivalutati a 6 mesi nello score di Epworth fosse < 2 punti. I risultati hanno dimostrato una sovrapposizione quasi totale tra i due protocolli sia come riduzione della sonnolenza che per gli indicatori di qualità di vita (unico risultato differente era l’analogo visivo della sensazione di benessere che favoriva la PSG). Analoga anche la riduzione della pressione sistemica. L’approccio non PSG comporta un minore costo complessivo della procedura quantizzato tra 293 e 571 euro a paziente, il MCR sottostima la gravità del quadro notturno di circa 10 eventi che non modifica la scelta terapeutica finale. La conclusione degli Autori propende quindi per l’adozione del modello con l’utilizzo routinario del MCR. I criteri di selezione lasciano tuttavia ancora inesplorato l’approccio ottimale nei pazienti lievi-moderati non sintomatici.
L’approccio personalizzato al paziente con OSA non può prescindere ormai dalla medicina di genere. Non solo la prevalenza tra i due sessi è notoriamente penalizzante per il sesso maschile, ma anche le conseguenze a lungo termine della patologia, spesso testate su popolazioni prevalentemente maschili, vengono spesso erroneamente trasferite anche alla popolazione femminile senza effettiva evidenza. È il caso per esempio dell’ipertensione arteriosa sistemica, oggetto di studi spesso dai risultati contrastanti e poco comparabili per metodologia e selezione dei pazienti. L’ampia casistica del Vitoria Sleep Study che aveva appunto non mostrato una correlazione tra OSA e ipertensione è stata rivista alla lente delle differenze di genere 3. Nella popolazione maschile un indice di disturbi respiratori nel sonno (valutati con una metodologia di livello basso come il Mesam IV, quindi apprezzabile sul versante epidemiologico, ma non trasferibile in termini assoluti come indici quantitativi) superiore a 14 eventi/ora aumentava in modo significativo la probabilità di ipertensione in stadio 2 (OR, 2,54 [95% CI, 1,09-5,95], P = 0,032). Nella popolazione femminile erano invece età e diametro del collo i migliori predittori di ipertensione, mentre gli eventi respiratori non davano risultati significativi (P = 0,371). Considerando come la donna in età fertile sia protetta dagli eventi respiratori nel sonno e che la diagnosi di OSA in genere avviene 17 anni dopo l’insorgenza dei primi sintomi, si dà ragione di come il rimaneggiamento vascolare nella popolazione maschile abbia uno sviluppo nell’arco della vita ben differente e ribadisce la necessità di essere più cauti nell’universalizzare alcune delle nostre convinzioni basate su gruppi ben caratterizzati di pazienti. La medicina respiratoria del sonno del futuro deve essere sempre più medicina personalizzata.
Riferimenti bibliografici
- Genta PR, Sands SA, Butler JP. Airflow shape is associated with the pharyngeal structure causing OSA. Chest. 2017; 152:537-46.
- Corral J, Sánchez-Quiroga MÁ, Carmona-Bernal C, Spanish Sleep Network. Conventional polysomnography is not necessary for the management of most patients with suspected Obstructive Sleep Apnea. Noninferiority, randomized controlled trial. Am J Respir Crit Care Med. 2017; 196:1181-90.
- Cano-Pumarega I, Barbé F, Esteban A, Spanish Sleep Network. Sleep apnea and hypertension: are there sex differences? The Vitoria Sleep Cohort. Chest. 2017; 152:742-50.
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