Commentario
Pubblicato: 2018-04-15

La grande confusione della discussione multidisciplinare (almeno in Medicina)

Presidente AIPO Dipartimento di Malattie del Torace, Ospedale GB Morgagni, Forlì; Department of Respiratory Diseases & Allergy, Aarhus; University Hospital, Aarhus (DK)

Articolo

C’è un “moloch” che si aggira nel mondo della medicina; si chiama discussione multidisciplinare.

Una diagnosi o una indicazione clinica non ha dignità se non generata da un team multidisciplinare. Questo approccio diagnostico e terapeutico tuttavia ha molti difetti ed al contempo richiede molte energie (è per questo che ho adottato il termine “moloch”).

Non esistono chiare evidenze scientifiche che il team multidisciplinare produca risultati migliori rispetto a un singolo.

Walsh et al. 1 hanno mostrato che un clinico esperto ha la stessa confidenza diagnostica del team multidisciplinare (tra i cui componenti c’erano gli stessi esperti) nel riconoscere un caso di fibrosi polmonare idiopatica. Si è tuttavia dimostrato che il team multidisciplinare migliora la confidenza diagnostica dei singoli componenti e riduce le variabilità di giudizio fra i medesimi. Cosa significa questo?

Semplicemente che la discussione come pratica a scadenze periodiche non troppo diradate nel tempo permette la acquisizione di un linguaggio comune. Ma il linguaggio di per sé non è garanzia di un ragionamento logico.

La storia del Circolo di Vienna (Wiener Kreis) ci può far comprendere la confusione che è oggi presente quando si discute – e spesso si impone per decreto – di team multidisciplinare e di scelte cliniche scaturite da una discussione multidisciplinare. Con questo nome si intende il gruppo di filosofi e scienziati formatosi intorno a Moritz Schlick (Fisico e Filosofo - Berlino, 1882 – Vienna, 1936) nella capitale austriaca a partire dagli anni venti con l’intento di dare una legittimazione logica alla conoscenza scientifica, svincolandola dalle tematiche della filosofia tradizionale. Ne scaturì un indirizzo di pensiero denominato neopositivismo o positivismo o empirismo logico, in quanto connotato in senso decisamente empiristico, ma concepito alla luce degli sviluppi più recenti della logica formale, degli influssi dell’empirocentrismo machiano, del metodo assiomatico di David Hilbert, della riflessione sulla teoria della relatività, nonché delle tesi metodologiche da Henry Poincaré a Pierre Duhem 2. La morte violenta di Schlick nel 1936, assassinato sulle scale dell’Università di Vienna da un nazista e la fuga dalla città dei suoi membri per evitare le persecuzioni politiche e razziali del regime, ne segnarono la fine. Questo circolo produsse molto pensiero e fu fucina per molte menti (Karl Godel, Rudolf Carnap, Ludwig von Bertalanffy, ecc).

Il pensiero prodotto non era però il risultato di una votazione, di un processo “democratico” in cui la “cosa giusta” veniva stabilita a maggioranza o il risultato della volontà di membri con forte personalità, ma il prodotto della applicazione di principi logici a conoscenze fornite da varie fonti (la multidisciplinarietà del gruppo).

Il team multidisciplinare è dunque una formula semantica ed un’attività formale (meeting periodici), oggi un metodo di lavoro di moda che riafferma ciò che in pratica, nella buona pratica, accade già da molto tempo: il dialogo fra diversi specialisti su ammalati concreti.

Il dialogo permette l’acquisizione di un comune linguaggio e questo a sua volta è alla base della possibilità di uno scambio intellegibile di informazioni e dell’aumento dei “bit informativi” presenti nel sistema.

Tuttavia la qualità della condotta clinica si basa non sul dialogo, ma sul volume di attività (quanto ampia e varia è la casistica), sulle tecnologie disponibili e sul background scientifico; tutte entità misurabili. È evidente che un team multidisciplinare può produrre con alta confidenza diagnostica e bassa variabilità interpersonale pessimi dati o ottimi dati. La qualità di questi ultimi è garantita non dal livello di democrazia o dalla presenza di “personalità di spicco” che determina le decisioni, ma dal livello di esperienza clinica e background scientifico espresso dai vari componenti del team. Per cui il team multidisciplinare è un valore in quanto incentiva il dialogo e l’aumento di “bit informativi” in un gruppo eterogeneo, ma la qualità della produzione clinica fornita dal team dipende da altri fattori ben misurabili.

In questa logica anche la elaborazione delle Linee Guida di pratica clinica, strumento di supporto decisionale finalizzato a consentire – fra opzioni alternative – un virtuoso bilancio fra benefici ed effetti indesiderati di una opzione clinica, deve considerare il peso che deve avere il dialogo interdisciplinare con la sua intrinseca capacità di creare un comune linguaggio e di aumentare “i bit informativi” all’interno di un sistema, ma anche il background scientifico e l’esperienza clinica come entità misurabili. Questi ultimi due elementi sono parte imprescindibile del livello qualitativo della Pneumologia al servizio del nostro SSN.

Riferimenti bibliografici

  1. Walsh SLF, Wells AU, Desai SR. Multicentre evaluation of multidisciplinary team meeting agreement on diagnosis in diffuse parenchymal lung disease: a case-cohort study. Lancet Respir Med. 2016; 4:557-65.
  2. Pieretti A. Enciclopedia Filosofica. Bompiani: Milano; 2006.

Affiliazioni

Venerino Poletti

Presidente AIPO Dipartimento di Malattie del Torace, Ospedale GB Morgagni, Forlì; Department of Respiratory Diseases & Allergy, Aarhus; University Hospital, Aarhus (DK)

Copyright

© Associazione Italiana Pneumologi Ospedalieri – Italian Thoracic Society (AIPO – ITS) , 2018

Come citare

Poletti, V. (2018). La grande confusione della discussione multidisciplinare (almeno in Medicina). Rassegna Di Patologia dell’Apparato Respiratorio, 33(2), 63-64. https://doi.org/10.36166/2531-4920-2018-33-13
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