Louis Pasteur, i vaccini e la nascita della Medicina moderna
Abstract
Le vicende umane e scientifiche di Pasteur travalicano il suo tempo e le sue stesse scoperte. Rimangono come una testimonianza silenziosa di quanto lavoro sia costato aprire nuovi orizzonti alla medicina. Oggi, in un’epoca di certezze sperimentali, di orizzonti medici spesso ristretti e privi di immaginazione, occorre ripensare il modo stesso di fare ricerca. Louis Pasteur è allora un esempio da non dimenticare.
Articolo
Pasteur era nato a Dôle nel 1822, un paese del Giura nella Franca Contea. Una terra di confine con la Svizzera e vicino alla frontiera con la Germania. Nonostante le umili origini, suo padre era un conciatore di pelli, l’intelligenza e la volontà gli permisero di entrare alla scuola normale e di divenire professore di fisica nel 1848 presso il liceo di Digione. Pasteur continuò a studiare chimica presso l’università di Strasburgo, dove conobbe Marie Laurent, la figlia del rettore e futura moglie. Marie fu molto importante nella vita di Pasteur, sia per la particolare intelligenza che la spingeva a interessarsi con competenza degli studi del marito, sia per la dedizione amorosa di cui lo circondava, alleviandone l’esistenza dalle preoccupazioni della quotidianità e permettendogli di dedicarsi completamente agli studi e ricerche. Pasteur era un uomo tenace e razionale, che applicò con scrupolo al suo lavoro i dettami della nascente scienza sperimentale. Aveva una formazione culturale legata alla fisica e alla chimica che gli consentiva di padroneggiare con sicurezza le sostanze e i composti del laboratorio e di progettare esperimenti biologici rigorosi 1. Nel 1854 Pasteur venne nominato professore di Scienze naturali all’Università di Lilla. In questa città arrivò a una scoperta importante che avrà delle ripercussioni sul futuro di tutta la ricerca biologica. Stimolato dalle richieste di un industriale del luogo, Pasteur studiò il processo di fermentazione delle barbabietole attraverso il quale si ricavava l’alcool. Per cause a quel tempo apparentemente inspiegabili a volte questo fenomeno non si verificava. Attraverso un’analisi attenta del processo produttivo e l’uso del microscopio Pasteur identificò nei lieviti i responsabili del processo fermentativo e dimostrò che si trattava di organismi viventi e non di sostanze chimiche inerti aventi solo un compito di catalizzatori, come era stato sostenuto da altri chimici della fama di Jöns Jacob Berzelius e Justus von Liebig. Le ricerche di Pasteur sulla fermentazione proseguirono per oltre quindici anni portandolo a chiarire alcuni punti fondamentali nel ruolo svolto dai microbi. Comprese come mai il processo fermentativo non avvenisse sempre con regolarità, come fosse determinante nell’ostacolarlo la presenza di fattori d’inquinamento batterici e come alcuni microrganismi potessero svilupparsi in assenza di ossigeno, ricevendo per questo il nome di anaerobi. Tutte queste scoperte ebbero una serie di conseguenze pratiche, migliorando la resa industriale dell’industria alimentare e determinarono nuove applicazioni relative alla conservazione del latte il cui processo di riscaldamento a 60-70°C per breve tempo prima dell’imbottigliamento ne permise il trasporto a grandi distanze. Contemporaneamente agli studi sulla fermentazione Pasteur aveva portato avanti delle ricerche sulla struttura dei cristalli di tartrato e para tartrato che gli fecero scoprire la chiralità delle molecole e la presenza di due diversi enantiomeri, il levogiro e il destrogiro, che si comportano in modo differente davanti alla luce polarizzata. Sempre in quegli stessi anni contribuì a mettere definitivamente in minoranza i sostenitori dell’origine spontanea della materia vivente attraverso l’impiego di particolari contenitori di vetro appositamente progettati e di un rigoroso e storico esperimento 2 3. Correva l’anno 1864, che fu determinante per la medicina e la scienza. Nasceva la moderna microbiologia e con essa la ricerca razionale delle cause nella medicina. L’attività dello scienziato francese era frenetica e la sua dedizione al lavoro assoluta, un impegno totale che non rimase senza conseguenze. Nel 1865 Pasteur fu colpito da un grave ictus da cui si riprese lentamente. Gli esiti della malattia non gli impedirono di continuare a lavorare e di fare altre importanti scoperte. Gli studi degli ultimi anni della vita di Pasteur furono dedicati ai vaccini. Si occupò del carbonchio degli animali e della rabbia. Di quest’ultima riuscì a dimostrare la contagiosità attraverso il materiale biologico senza potere tuttavia osservare l’agente causale. I virus erano infatti invisibili e troppo piccoli per i microscopi dell’epoca. Le loro dimensioni li facevano sfuggire al potere risolutivo delle lenti del microscopio ottico. Soltanto nel 1892 il russo Dmitrij Iosifovič Ivanovskij riuscì a dimostrare con certezza l’esistenza di particelle dotate di un’azione biologica e più piccole dei normali microbi. Il primo di questi microrganismi a essere scoperto dallo scienziato russo fu il virus del Mosaico del Tabacco (TMV), una malattia della pianta che provocava enormi danni agli agricoltori, ma il termine virus venne adoperato per la prima volta nel 1898 dal botanico olandese Martinus Willem Beijerinck. La parola virus derivava dall’analogo termine latino che stava per “veleno”. Un qualcosa di pericoloso e indefinito che rimase tale fino agli anni intorno al 1940 quando il microscopio elettronico permise di osservare la morfologia di questi organismi responsabili di tante gravi malattie. Senza conoscere l’esistenza delle particelle virali, Pasteur condusse una serie di ricerche metodiche ed estenuanti sulla rabbia 4 5. La rabbia è una malattia terribile, trasmessa dal morso degli animali infetti e contro cui non vi era al tempo alcun rimedio. Oggi sappiamo che si tratta di una zoonosi causata da un virus appartenente alla famiglia dei rabdovirus. Questo virus provoca un’encefalite dalle conseguenze letali. Un male che porta a morte il soggetto infettato dopo atroci sofferenze e dopo aver causato alterazioni drammatiche della personalità, come il sopraggiungere di aggressività, la perdita del senso dell’orientamento, irrefrenabili crisi convulsive e l’idrofobia. Il suo stesso nome evoca terrori antichi, tanto che la parola “rabbia” pare derivare dal sanscrito rabbahs, che significa “fare violenza”. L’incubazione del virus dura tuttavia dalle tre alle otto settimane, durante le quali può essere instaurata una profilassi immunoglobulinica. Trascorso il periodo di incubazione e quando si manifestano i sintomi neurologici la malattia non è più curabile nemmeno con le più moderne metodiche e terapie. Utilizzando i cani ed i conigli Pasteur effettuò degli studi che gli permisero di compiere due importanti osservazioni:
- la malattia era presente non solo nella saliva dell’animale infetto, ma si allocava anche nel tessuto cerebrale dell’animale contagiato;
- la rabbia poteva essere trasmessa più facilmente inoculando del tessuto nervoso infetto nel cervello di un cane sano dopo che questo era stato sottoposto a trapanazione del cranio. Anzi, in tale circostanza il tempo d’incubazione del male diveniva nettamente più breve.
Dopo quattro anni di studi e di sperimentazioni sugli animali Pasteur riuscì ad ottenere un vaccino antirabbico basato su materiale nervoso di coniglio infettato ed esposto all’aria per ridurne il potere patogeno. Gli iniziali due casi che Pasteur trattò ebbero un esito incerto. Il primo paziente, che forse non era malato di rabbia, ebbe un’evoluzione favorevole. Il secondo, una ragazza affetta da rabbia conclamata, morì il giorno seguente la prima somministrazione del vaccino. Il terzo soggetto infettato dal virus si chiamava Joseph Meister e aveva nove anni. Era stato morso da un cane rabbioso sulla strada che conduceva alla scuola del suo villaggio a Meissengott, in Alsazia. Ma le immunoglobuline specifiche non esistevano nell’estate del 1885 e il piccolo Joseph era condannato. Il proprietario del cane si chiamava Théodore Vonné e abbattè subito l’animale. Poi portò il ragazzo dal dottor Weber, il medico del villaggio. Questi pulì e disinfettò la ferita con l’acido fenico e consigliò alla madre di portare il ragazzo a Parigi. Nella capitale francese un famoso scienziato, di nome Louis Pasteur, aveva messo a punto un rimedio contro la rabbia di cui Weber aveva letto un resoconto scientifico, una cura che non era mai stata sperimentata con sicurezza su nessun essere umano. Vonné si incaricò di portare il ragazzo a Parigi e di chiedere a Pasteur di provare il vaccino su Joseph. Il trattamento durò dieci giorni, mentre il preparato antirabbico veniva iniettato a dosi sempre più elevate per un totale di tre inoculazioni. Joseph Meister non svilupperà la rabbia e vivrà. Il clamore suscitato da questo fatto nell’opinione pubblica francese ed europea favorì un grande numero di donazioni per le ricerche di nuovi rimedi. Queste vennero destinate alla fondazione del prestigioso Istituto Pasteur. Il filosofo della scienza André Pichot, che ha studiato a lungo l’opera di Pasteur, ha parlato di un metodo di indagine caratteristico, consistente nel mettere ordine in nozioni e sicurezze sperimentali già acquisite sul cui ruolo complessivo non si era però ancora riusciti a formulare una teoria organica. Molte delle grandi scoperte di Pasteur avvennero su terreni dove alcuni esploratori della biologia si erano già avventurati, traendone elementi e suggestioni di cui non riuscivano a comprendere con sufficiente chiarezza il disegno più fine. La genialità di Pasteur consistette in un’opera di sintesi di ricerche di cui non si riusciva a venire a capo nel loro senso compiuto 6 7. Gli studi sulla simmetria molecolare ad esempio erano già stati intrapresi quando Pasteur si occupò della struttura dei cristalli, come pure i lavori per comprendere la biochimica della fermentazione. Le vaccinazioni risalivano a molti anni prima, alle esperienze del medico inglese Edward Jenner (1749-1823) sul vaiolo, mentre Lazzaro Spallanzani (1729-1799) aveva già criticato attraverso i suoi esperimenti la teoria della generazione spontanea della vita. Anche in questo campo Pasteur perfezionò le tecniche e introdusse nuove prospettive di ricerca con tenacia e lucidità. Un aspetto importante della vita di Louis Pasteur è infine costituito dall’influenza che la religiosità ebbe sulle sue scoperte e sulla propria visione della conoscenza scientifica. La chiesa francese lo presentò spesso e a torto come un autentico paladino dei valori tradizionali del cattolicesimo più conservatore. In realtà pare che Pasteur non fosse un rigido cattolico praticante e si recasse alla messa di rado. La solidità dell’ambiente familiare, il carattere riservato e la dedizione al lavoro, insieme a un’austerità complessiva della figura, servirono ad alimentare la leggenda dell’eroe solitario che lottava contro i mali del mondo e donava dei rimedi ai propri simili. Un prometeo mite e tenace del XIX secolo che in ogni lavoro partiva da teorie promettenti per arrivare a risultati concreti. Pasteur aveva potuto affrontare e risolvere grandi problemi nello studio della natura perché trovava conforto e consolazione in una ricerca del trascendente condotta con quella misura e quella dignitosa riservatezza del carattere che lo rende ammirevole 7 8. Al giorno d’oggi, in un’epoca di formale laicismo cui fa da contraltare un’ostentazione ai limiti dell’impudicizia del desiderio di trascendente, l’insegnamento di Pasteur sta a raccontarci come attraverso le opere e lo stile con cui queste vengono perseguite risieda la testimonianza più autentica del valore umano di un vero e grande scienziato. Il 7 dicembre del 1854, in occasione dell’inaugurazione della facoltà di scienze di Lilla, Pasteur pronunciò un discorso profetico e significativo. Il pubblico intervenuto era l’espressione della ricca borghesia produttiva della regione, alcuni piccoli industriali impegnati nella trasformazione dei prodotti agricoli e in cerca di nuovi mercati per i loro prodotti. Davanti a una richiesta pressante di risultati scientifici concreti e per questo motivo direttamente applicabili ai processi produttivi, Pasteur rispose in questo modo:
Riferimenti bibliografici
- Antiseri D. La grande svolta di Pasteur. KOS: Milano; 2004.
- Belloni L. Per la Storia della Medicina. Arnaldo Forni Editore: Bologna; 1980.
- Cadeddu A. Les vérités de la science. Pratique, récit, histoire: le cas Pasteur. Olschki: Firenze; 2005.
- Debré P. Louis Pasteur. Flammarion: Paris; 1994.
- Dubos R. Pasteur e la scienza moderna. Einaudi: Torino; 1962.
- Pasteur L. Opere. UTET: Torino; 1972.
- Pasteur L. Ecrits scientifiques et médicaux. Poche: Paris; 2012.
- Théodoridès J. Dai miasmi ai virus. Storia delle malattie infettive. Edition Louis Pariente: Paris; 1992.
- Perozziello F. Storia del Pensiero medico III Volume. Mattioli 1885: Fidenza (Parma); 2008.
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