Serie - “Malattie respiratorie occupazionali”
Pubblicato: 2018-06-15

Polmonite da ipersensibilità ed esposizione professionale

Clinica Pneumologica, Università degli Studi di Milano-Bicocca, Ospedale San Gerardo, ASST Monza
Clinica Pneumologica, Università degli Studi di Milano-Bicocca, Ospedale San Gerardo, ASST Monza
Clinica Pneumologica, Università degli Studi di Milano-Bicocca, Ospedale San Gerardo, ASST Monza
Polmonite Ipersensibilità Esposizione professionale Pneumopatia infiltrativa diffusa

Abstract

La polmonite da ipersensibilità (Hypersensitivity Pneumonitis, HP) è una pneumopatia infiltrativa diffusa secondaria all’inalazione di eterogenei materiali organici o agenti a basso peso molecolare a cui i pazienti sono sensibilizzati e iper-responsivi. Tale esposizione porta ad una risposta immuno-allergica non IgE mediata caratterizzata da un’infiammazione linfocitaria, frequentemente granulomatosa, localizzata a livello delle vie aeree periferiche. La sintomatologia respiratoria tipica è caratterizzata da dispnea e tosse secca a cui possono essere associati sintomi sistemici come malessere e febbre che in genere insorgono dopo 6-8 ore dall’ultima esposizione. Le HP sono classificate in forme acute, subacute e croniche, anche se esiste un importante overlap tra di esse. Le lesioni più frequentemente riscontrate alla TAC del torace nelle forme acute-subacute sono alterazioni ground glass, micronoduli centrolobulari mal definiti ed oligoemia a mosaico, mentre nelle forme croniche si hanno alterazioni reticolari e honeycombing in genere prevalenti ai lobi superiori. Il lavaggio broncoalveolare nei soggetti con HP acuta-subacuta evidenzia una prevalenza di linfociti (spesso > 50%) ed il quadro istologico è caratterizzato dalla triade: polmonite linfocitaria bronchiolocentrica, piccoli granulomi non ben formati e non necrotizzanti e pattern BOOP interposto. Il trattamento prevede innanzitutto la rimozione dell’esposizione all’agente scatenante e l’eventuale somministrazione di corticosteroidi per via sistemica o di immunosoppressori (forme croniche evolutive). La sopravvivenza a lungo termine nei pazienti con HP è molto variabile e peggiore nei pazienti con HP cronica.

Definizione ed epidemiologia

La polmonite da ipersensibilità (Hypersensitivity Pneumonitis, HP) è un pneumopatia infiltrativa diffusa caratterizzata da un’infiammazione linfocitaria, frequentemente granulomatosa, localizzata a livello delle vie aeree periferiche, degli alveoli e dell’interstizio circostante.

Tale infiammazione rappresenta l’esito di una reazione immuno-allergica non IgE mediata nei confronti di eterogenei materiali organici o agenti a basso peso molecolare a cui i pazienti sono sensibilizzati e iper-responsivi. Le manifestazioni cliniche e radiologiche di HP sono eterogenee e possono mimare altre pneumopatie infiltrative diffuse. Anche l’outcome è variabile 1. Nel 1960 Pepys identificò per la prima volta precipitine dirette contro antigeni del fieno ammuffito e coniò il termine alveolite allergica estrinseca, termine non del tutto corretto data la localizzazione del danno non solo a livello alveolare 2 3.

La polmonite da ipersensibilità è una pneumopatia infiltrativa diffusa caratterizzata da un’infiammazione linfocitaria, frequentemente granulomatosa, localizzata a livello delle vie aeree periferiche, degli alveoli e dell’interstizio circostante.

Altre denominazioni, a seconda dell’antigene scatenante, sono farmer’s lung, pigeon breeder’s lung, bird fancier’s lung. HP è una patologia rara, con incidenza annuale di 0,9/100.000, corrispondendo a 1,5-12% delle pneumopatie infiltrative diffuse di nuova insorgenza 4-6. La prevalenza stimata di HP tra i contadini è del 1,3-12,9% 7 8 e tra chi accudisce i volatili del 8-10,4% 9. Soggetti esposti ad isocianati, piscine, condizionatori e fluidi metallici possono sviluppare HP rispettivamente nel 0,9-4,7%, 27%, 15% e 5,6% 10-13.

Immunopatogenesi

Sono stati identificati molteplici agenti responsabili di HP. Gli agenti eziologici possono essere classificati in sei categorie: batteri, funghi, proteine animali, proteine vegetali, sostanze chimiche a basso peso molecolare e metalli (Tabella I) 1.

Rispetto al passato risulta emergente il ruolo di nuovi agenti eziologici. In particolare, si osserva un incremento di HP determinata da esposizione a fluidi metallici contaminati 6 13 e di quelle secondarie a batteri, funghi e micobatteri riscontrabili nel vapore prodotto da condizionatori e ferri da stiro.

Non tutti i lavoratori esposti a questi agenti sviluppano HP. È possibile che vi sia una componente genetica determinata da polimorfismi delle molecole HLA DR e DQ, della regione promoter del gene TNFalfa e della subunità catalitica PSMB8 14. Polimorfismi della regione promoter di inibitori delle metalloprotesi (TIMP3) sembrano invece rivestire un ruolo protettivo 15. Anche l’attività tabagica riveste un ruolo protettivo, a causa del ruolo negativo esercitato dalla nicotina sull’attività di macrofagi e linfociti 16. Infezioni virali possono costituire fattori trigger 17.

Gli agenti eziologici possono essere classificati in sei categorie: batteri, funghi, proteine animali, proteine vegetali, sostanze chimiche a basso peso molecolare e metalli.

L’HP rappresenta l’espressione di una risposta immunitaria ritardata nei confronti di un antigene inalatorio a cui il soggetto è stato precedentemente sensibilizzato. Le cellule dendritiche mature presentano l’antigene, cui segue l’attivazione dei linfociti B e la produzione di IgG (precipitine), il cui ruolo non è ancora chiaro (semplice marker di attivazione o attivamente partecipi alla malattia causando la formazione di immunocomplessi). I linfociti Th1 sono i principali elementi cellulari coinvolti nello stato infiammatorio 18.

Quadro clinico e funzionale

Le HP sono classificate in forme acute, subacute e croniche. In considerazione del significativo overlap tra forme acute e subacute, è stata proposta una nuova classificazione, identificando solo due gruppi: uno acuto/subacuto caratterizzato prevalentemente da sintomi sistemici, l’altro cronico da interessamento fibrosante polmonare e clubbing digitale 1 19.

Sono stati identificati due gruppi di classificazione: uno acuto/subacuto caratterizzato prevalentemente da sintomi sistemici, l’altro cronico da interessamento fibrosante polmonare e clubbing digitale.

L’interessamento polmonare determina l’insorgenza di dispnea, tosse, più raramente wheezing. A tale sintomatologia possono essere associati sintomi sistemici come malessere e febbre nelle forme acute e malessere con perdita di peso nelle forme croniche. Le manifestazioni delle forme acute esordiscono dopo 6-8 ore dall’esposizione e si risolvono entro 24-48 ore dalla sospensione dell’esposizione 20. Nelle forme croniche non si assiste ad un miglioramento del quadro clinico associato a periodi di sospensione dell’attività lavorativa. Nel decorso delle forme croniche possono verificarsi delle fasi acute, caratterizzate da peggioramento della sintomatologia e comparsa di nuove opacità radiologiche 21.

Le prove di funzionalità respiratoria evidenziano prevalentemente un pattern spirometrico restrittivo, talvolta misto o solo ostruttivo 22. La componente ostruttiva è secondaria al quadro di bronchiolite respiratoria o di associazione di enfisema, anche in soggetti non fumatori. Si può riscontrare un’alterazione della capacità di diffusione dei gas e, nel 10% dei casi, questa è l’unica alterazione funzionale riscontrabile alla diagnosi.

Alcuni individui sono caratterizzati da un quadro funzionale nella norma (10-17%), soprattutto nei periodi intercorrenti tra fasi acute di malattia 1.

Quadro radiologico

La radiografia del torace, a seconda della fase acuta o cronica, evidenzia per lo più alterazioni aspecifiche come micronoduli, reticolazioni e consolidamenti, ma può essere nella norma fino al 20% dei casi 24.

L’indagine con TC torace ad alta risoluzione (HRCT) è fondamentale. Le lesioni più frequentemente riscontrate nelle forme acute-subacute sono alterazioni ground glass, micronoduli centrolobulari mal definiti (< 5 mm), oligoemia a mosaico nelle scansioni inspiratorie ed air trapping nelle scansioni espiratorie (Figura 1). Le forme croniche sono caratterizzate da alterazioni reticolari e distorsione parenchimale talora coesistenti alle lesioni acute-subacute (Figura 2). Nelle forme più avanzate è possibile osservare la presenza di honeycombing (pattern UIP) che a differenza della fibrosi polmonare idiopatica è maggiormente presente nei campi medi e superiori. Nel 13-39% dei casi di HP subacuta-cronica sono identificabili cisti con parete sottile.

Nel 20% dei soggetti non fumatori affetti da HP cronica si osservano lesioni enfisematose. Nel 8-18% dei casi non si riscontrano alterazioni radiologiche pur in presenza di lesioni anatomo-patologiche 1 18.

La presenza di un quadro reticolare diffuso alla TC del torace associata al riscontro all’auscultazione di crepitii identifica pazienti HP con una prognosi peggiore 25. L’utilizzo di un’analisi computerizzata delle caratteristiche TC dei pazienti con HP ha identificato come fattore prognostico negativo l’aumento di volume delle vene polmonari 26.

BAL e quadro istologico

Il Lavaggio Broncoalveolare (BAL) nei soggetti con HP acuta-subacuta evidenzia una prevalenza di linfociti (spesso > 50%), in particolare a fenotipo CD8 con inversione della formula CD4/CD8. Nelle forme croniche la predominanza linfocitaria è inferiore, con formula CD4/CD8 prevalentemente conservata 18 23. L’assenza di linfocitosi su BAL riduce la probabilità di HP, anche se nelle prime 48 ore dopo l’esposizione all’agente è frequente il riscontro di neutrofilia, in assenza di linfocitosi marcata.

Il riscontro di linfocitosi su BAL non permette, tuttavia, una diagnosi certa di HP, in quanto tale reperto può essere evidenziato anche in soggetti esposti ma senza malattia in atto.

L’assenza di linfocitosi su BAL riduce la probabilità di HP, anche se nelle prime 48 ore dopo l’esposizione all’agente è frequente il riscontro di neutrofilia, in assenza di linfocitosi marcata.

L’esecuzione di biopsie transbronchiali riveste un ruolo limitato nella diagnosi di HP. La biopsia chirurgica è raramente indicata nel corso di HP acuta/subacuta 1 23 27. In caso di forme croniche, l’approccio chirurgico potrebbe essere sostituito dalla criobiopsia transbronchiale che, rispetto alla tradizionale biopsia transbronchiale, fornisce maggior materiale 23. Il quadro istologico è caratterizzato dalla triade: polmonite linfocitaria bronchiolocentrica, piccoli granulomi non ben formati e non necrotizzanti e pattern BOOP interposto nelle fasi acute/subacute 18.

Ulteriori reperti istologici delle forme croniche sono costituiti dal riscontro di un pattern subacuto sottostante, corpi di Schaumann, fibrosi a ponte e centrolobulare con localizzazione prevalente ai campi superiori. Talvolta il quadro risulta indistinguibile da quello di fibrosi polmonare idiopatica (IPF) 1 18.

Diagnosi

Sono stati recentemente proposti dei criteri diagnostici di polmonite da ipersensibilità occupazionale acuta/subacuta e cronica 1, ma attualmente non esistono criteri diagnostici validati, né un test gold standard la cui esecuzione permetta di diagnosticare con sicurezza la HP.

La diagnosi di HP è possibile grazie ad un approccio multidisciplinare e si basa sulla combinazione di test diagnostici.

La diagnosi di HP è possibile grazie ad un approccio multidisciplinare (pneumologo, radiologo, anatomopatologo e medico del lavoro) e si basa sulla combinazione di test diagnostici 21. È necessario confermare con elevato grado di confidenza la correlazione tra quadro clinico ed esposizione in ambiente lavorativo. Il sospetto di HP deve insorgere in presenza di interstiziopatie polmonari di origine sconosciuta e di sintomi respiratori/parainfluenzali correlati all’attività lavorativa 28.

I dati anamnestici relativi al quadro clinico e all’occupazione sono fondamentali ai fini di una corretta diagnosi. Identificare l’agente scatenante e la sorgente di esposizione è necessario per avvalorare la diagnosi di HP.

Identificare un caso di HP permette di salvaguardare altri lavoratori, individuando precocemente soggetti a rischio. La ricerca di IgG specifiche (precipitine), tramite metodiche qualitative (precipitazione, immunoelettroforesi) o quantitative (ELISA), può aiutare nella diagnosi e permette di identificare l’agente determinante la malattia 28. Tuttavia, la positività delle precipitine non è di per sé diagnostica di malattia e la negatività non esclude una possibile diagnosi di HP 29 30.

Identificare un caso di HP permette di salvaguardare altri lavoratori, individuando precocemente soggetti a rischio.

Solo un elevato titolo di precipitine associato a caratteristiche cliniche e radiologiche consistenti è fortemente indicativo di HP. Anche il riscontro di una riduzione del titolo di precipitine dopo la sospensione dell’esposizione è di supporto alla diagnosi. Nell’interpretazione del test è necessario considerare le cross-reazioni tra antigeni aviari e funghi 31. Il principale limite nella valutazione dell’utilizzo delle precipitine nella diagnosi di HP è l’assenza di preparati antigenici validati per molte delle sostanze che possono causare la malattia.

Altri test adiuvanti nella diagnosi sono le prove di challenge inalatorio che possono essere condotte nell’ambiente di lavoro o in laboratorio, esponendo il soggetto alla sostanza ritenuta responsabile 32 33.

Non sono prove eseguite di routine a causa della mancanza di strutture adeguate, di preparati antigenici standardizzati e dell’assenza di criteri validati per definire una risposta positiva. Dovrebbero essere prese in considerazione qualora gli altri accertamenti non permettessero la diagnosi di HP o l’identificazione dell’agente scatenante o nel caso in cui la sostanza sospettata non fosse nota come agente scatenante HP. In alternativa ai test di inalazione, vi sono le prove di evitamento dell’antigene, cui seguono modifiche di parametri fisiologici e di biomarker 1.

La diagnosi differenziale di HP acuta include le infezioni delle vie respiratorie, la risposta acuta neutrofilica conseguente all’inalazione di sostanze tossiche e la “sick building syndrome” 34.

La forma cronica di HP entra in diagnosi differenziale con altre malattie interstiziali, in particolare con la fibrosi polmonare idiopatica (IPF), la polmonite interstiziale non specifica (NSIP) fibrosante e più raramente con patologie granulomatose quali sarcoidosi e berilliosi 1.

Talvolta può essere indistinguibile da IPF, come evidenziato da Morell et al. 35, la cui casistica di pazienti con diagnosi di IPF è stata successivamente re-inquadrata come HP cronica (nella maggior parte dei casi per occulta esposizione ad antigeni aviari derivanti da materiale da letto). Anche la diagnosi differenziale con NSIP può risultare difficile, in quanto la biopsia di soggetti affetti da HP può evidenziare un pattern NSIP in assenza di granulomi e il pattern TC non sempre è dirimente 36.

Il riscontro di linfocitosi > 30% su BAL, di oligoemia a mosaico, di noduli centrolobulare e di scarsa localizzazione delle lesioni alle basi incrementano il sospetto di HP cronica rispetto a NSIP o IPF 1 18.

È stato segnalato che elevati livelli di FeNO potrebbero aiutare a differenziare HP cronica da altre PID fibrosanti 37.

Terapia

Il trattamento prevede innanzitutto la rimozione dell’esposizione all’agente scatenante, che risulta essere sufficiente nella maggior parte delle forme acute 23.

Il trattamento prevede innanzitutto la rimozione dell’esposizione all’agente scatenante, che risulta essere sufficiente nella maggior parte delle forme acute.

Nelle forme acute severe e nelle varianti subacute e croniche si somministrano corticosteroidi per via sistemica, la cui efficacia a lungo termine non è stata indagata con trial clinici prospettici 38 39. Non vi sono dati a supporto della somministrazione per via inalatoria della terapia steroidea. In caso di mancata risposta allo steroide o come azione steroid-sparing, nelle forme croniche, possono essere somministrati agenti immunosoppressori 40. Talvolta è necessario un trattamento di supporto con ossigenoterapia fino ad arrivare al trapianto polmonare 41.

Prognosi

La rimozione dell’agente scatenante influenza positivamente la prognosi 20. Rispetto ad un singolo episodio, la ricorrenza di eventi acuti si associa ad una prognosi peggiore e una minore DLCO 42. La persistente esposizione all’agente scatenante la malattia si associa ad una progressione più rapida della patologia, che può tradursi in declino di FVC del 10% in 6 mesi 43.

L’utilizzo di dispositivi di protezione individuale non è raccomandato in tutti i soggetti in quanto non vi sono evidenze relativamente al ruolo protettivo nello sviluppo della forma cronica; tuttavia potrebbe ridurre gli eventi acuti e si associa ad una riduzione del titolo di precipitine 44.

I fattori associati a prognosi peggiore sono il ritardo diagnostico, la presenza di fibrosi, l’abitudine tabagica, l’ipertensione arteriosa polmonare e il reperto di crepitii a velcro all’auscultazione del torace.

I fattori associati a prognosi peggiore sono il ritardo diagnostico, la presenza di fibrosi (su indagini radiologiche o anatomopatologiche), l’abitudine tabagica, l’ipertensione arteriosa polmonare e il reperto di crepitii a velcro all’auscultazione del torace 25. L’insorgenza di riacutizzazioni in corso di HP cronica o di ricorrenti fasi acute è associata ad outcome sfavorevole 1. Le forme croniche possono evolvere indipendentemente dalla cessata esposizione e/o trattamento steroideo/immunosoppressivo.

Uno studio ha evidenziato inoltre nei pazienti con HP un aumentato rischio di sviluppo di neoplasie polmonari 45. La sopravvivenza a lungo termine nei pazienti con HP è molto variabile.

La mortalità nei pazienti con HP cronica e fibrosi alla TC è peggiore che negli altri pazienti con HP 46 con una sopravvivenza media di 36-50 mesi dalla diagnosi 47.

I pazienti che sviluppano un’esacerbazione acuta di malattia sono caratterizzati da una prognosi peggiore 48.

Conclusioni

Il termine polmonite da ipersensibilità racchiude uno spettro di malattie polmonari causate da un’intensa, prolungata e ripetuta esposizione a polveri organiche o agenti chimici a basso peso molecolare nell’ambiente di lavoro o domestico. Molte forme rimangono ancora sconosciute anche per l’assenza di test diagnostici sensibili e specifici.

Le forme croniche di HP sembrano avere un comportamento e una risposta alla terapia steroidea molto diversi rispetto alle forme acute/subacute, avvicinandole per alcuni aspetti alle forme fibrosi polmonare idiopatica.

Figure e tabelle

Figura 1.HP acuta-subacuta con micronoduli centrolobulari mal definiti.

Figura 2.HP cronica con distorsione parenchimale, alterazioni reticolari e cisti, persistenza di aree a vetro smerigliato.

Categoria Agenti eziologici Attività lavorative/esposizioni di rilievo
Batteri Thermophilic actinomycetesAcinetobacterMycobacterium immunogenumBacillus subtilis enzymesMycobacterium avium complex Agricoltori; esposizione a sistemi di ventilazione; lavorazione di funghi, compostEsposizione a fluidi metallici contaminatiIndustria di detergentiSauna/bagno turco
Funghi Alternaria alternataAspergillus sppTrichosporon cutaneum Umidificatori, lavoratori del legnoLavoratori di stucco, tabacco e malto“Summer type HP”
Enzimi Subtilisina, fitasi Imprese di pulizia, addetti a nutrizione animali
Proteine animali, vegetali e insetti Proteine aviarie di siero e piumeLegnoSetaCarminioAlginato Allevatori di uccelliLavoratori del legnoIndustria tessileIndustria cosmetica e alimentareLavoratori dei frutti di mare
Agenti chimici a basso peso molecolare Diisocianati DiisocianatiComposti acrilatiPenicilline, cefalosporine Industria chimica e poliuretani, imbianchiniOdontotecniciIndustria farmaceutica
Metalli CobaltoZirconio Lavorazione metalli pesantiLavorazione ceramica
Tabella I.Principali agenti eziologici della polmonite da ipersensibilità 1.

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Affiliazioni

Giulia Dei

Clinica Pneumologica, Università degli Studi di Milano-Bicocca, Ospedale San Gerardo, ASST Monza

Alice Biffi

Clinica Pneumologica, Università degli Studi di Milano-Bicocca, Ospedale San Gerardo, ASST Monza

Alberto Pesci

Clinica Pneumologica, Università degli Studi di Milano-Bicocca, Ospedale San Gerardo, ASST Monza

Copyright

© Associazione Italiana Pneumologi Ospedalieri – Italian Thoracic Society (AIPO – ITS) , 2018

Come citare

Dei, G., Biffi, A., & Pesci, A. (2018). Polmonite da ipersensibilità ed esposizione professionale. Rassegna Di Patologia dell’Apparato Respiratorio, 33(3), 154-159. https://doi.org/10.36166/2531-4920-2018-33-38
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