Sindrome epatopolmonare
Abstract
La sindrome epatopolmonare (Hepatopulmonary Syndrome, HPS) è caratterizzata da un difetto di ossigenazione del sangue indotto dalla presenza di dilatazioni dei vasi del circolo polmonare e da shunt in pazienti con epatopatia. La prevalenza di questa sindrome fra i pazienti in lista di trapianto di fegato si aggira fra il 4 e il 32%. Sappiamo ancora poco dei meccanismi patogenetici alla base della HPS, dato che la maggior parte dei dati sono stati ottenuti in modelli animali. La HPS è spesso asintomatica, anche se alcuni pazienti possono lamentare dispnea da sforzo o platipnea inficianti la qualità di vita e la prognosi. Allo stato attuale non esistono terapie mediche raccomandate per la HPS e solo il trapianto di fegato sembra essere curativo. Questo articolo ha lo scopo di fornire una revisione completa sulla sindrome epatopolmonare, inclusi la diagnosi e il management di questa patologia.
Introduzione
La sindrome epatopolmonare (Hepatopulmonary Syndrome, HPS) viene definita come la presenza di un deficit di scambio gassoso causato da dilatazioni del circolo polmonare in un paziente affetto da malattia epatica, ipertensione portale o shunt portosistemici congeniti 1-3.
La sindrome epatopolmonare viene definita come la presenza di un deficit di scambio gassoso causato da dilatazioni del circolo polmonare in un paziente affetto da malattia epatica, ipertensione portale o shunt portosistemici congeniti.
Tale sindrome si associa più frequentemente alla cirrosi epatica, anche se può essere individuata in casi di sindrome di Budd-Chiari, epatiti croniche virali anche senza cirrosi, epatiti ischemiche e nel contesto di epatiti acute in forma transitoria 3. Nel complesso la HPS è stata riscontrata, a seconda delle casistiche, in un intervallo compreso tra il 4 e il 32% dei pazienti in attesa di trapianto di fegato 3 4. Bisogna inoltre tenere presente che la HPS può presentarsi in corso di epatopatie di varia gravità. Infatti, malgrado alcuni studi siano riusciti a intravedere un legame tra HPS e severità di epatopatia, intesa come punteggio di Child-Pugh o MELD, molti altri non hanno evidenziato questa associazione 5.
Patogenesi
Dal punto di vista anatomopatologico i pazienti con HPS presentano una marcata dilatazione dei capillari alveolari e dei vasi polmonari precapillari (50-80 μm, v.n. 8-15 μm), nel contesto di un parenchima altrimenti integro. In alcuni casi sono addirittura individuabili vere e proprie anastomosi arterio-venose polmonari o porto-polmonari 2.
Non è chiaro se le alterazioni siano indotte da sostanze non più catabolizzate o non più prodotte da parte del fegato danneggiato o se invece derivino da un’alterazione della funzionalità delle cellule endoteliali.
La patogenesi della HPS è tuttora sconosciuta e fonte di dibattito. Non è infatti del tutto chiaro se tali alterazioni siano indotte da sostanze non più catabolizzate o non più prodotte da parte del fegato danneggiato o se invece derivino da un’alterazione della funzionalità delle cellule endoteliali 2.
Una delle ipotesi più convincenti sembra rifarsi al fatto che la congestione del circolo enterico conseguente all’ipertensione portale possa facilitare la “traslocazione” di batteri gram negativi dal circolo enterico a quello sistemico. Si rilascerebbero quindi in circolo sostanze, quali il Lipopolisaccaride (LPS), capaci di stimolare un’attivazione immunitaria aspecifica con produzione di grandi quantità di molecole vasoattive come ossido nitrico (NO) 6, Tumor-Necrosis-Factor-alfa (TNFα) 2 e monossido di carbonio (CO) 7 derivato dall’eme-ossigenasi. Questa cascata di mediatori causerebbe anche il richiamo di monociti a livello alveolo-capillare che a sua volta promuoverebbe la produzione di sostanze in grado di sostenere il processo vasodilatativo e di indurre la neoangiogenesi, tramite la via del Vascular Endothelial Growth Factor (VEGF) 8. Inoltre, in corso di epatopatia il fegato tenderebbe a rilasciare una maggior quantità di Endotelina-1 (ET1) che, stimolando i suoi recettori B presenti nel circolo polmonare, attiverebbe l’enzima NO Sintetasi (NOS) responsabile della produzione del potente vasodilatatore NO 8.
Fisiopatologia
Si identificano almeno tre alterazioni fisiopatologiche respiratorie: 1) riduzione del rapporto ventilazione/perfusione (V/Q); 2) effetto shunt; 3) alterazione degli scambi attraverso la membrana alveolo capillare 1-4.
Si identificano almeno tre alterazioni fisiopatologiche respiratorie: 1) riduzione del rapporto ventilazione/perfusione (V/Q); 2) effetto shunt; 3) alterazione degli scambi attraverso la membrana alveolo capillare.
La vasodilatazione dei vasi pre-capillari e capillari alveolari fa sì che si verifichi un aumento della perfusione a fronte di una ventilazione alveolare inalterata con conseguente calo del V/Q. Nei casi più severi invece si instaurano veri e propri shunt intrapolmonari con sangue venoso che si immette direttamente nel distretto arterioso a valle degli alveoli.
Assieme a questi effetti direttamente collegati alle alterazioni anatomiche che si creano nell’HPS, bisogna anche tenere presente che l’insufficienza epatica induce da una parte una vasodilatazione periferica e polmonare e dall’altra una minor risposta del circolo polmonare al riflesso di vasocostrizione ipossica. L’associazione di questi due fenomeni contribuisce quindi ad alterare maggiormente il V/Q e ad incremetare la quota di shunt 4.
Per quel che riguarda invece le alterazioni della diffusione è stata avanzata l’ipotesi secondo la quale la dilatazione dei vasi renderebbe molto più difficile per le molecole di ossigeno diffondere fino agli eritrociti che corrono al centro del vaso. Da ultimo, il circolo iperdinamico e sovraccarico di fluidi tipico del paziente cirrotico fa sì che il tempo di transito dei globuli rossi nei pressi della membrana alveolo-capillare sia ridotto, contribuendo ulteriormente a peggiorare l’efficienza degli scambi gassosi.
Dal punto di vista emodinamico quindi i pazienti con HPS saranno caratterizzati da: ipotensione sistemica, aumentata gittata cardiaca, pressioni arteriose polmonari normali o ridotte e resistenze polmonari ridotte 5.
Manifestazioni cliniche
I pazienti affetti da HPS si presentano con tutto il corollario sintomatologico tipico della cirrosi a cui però si sovrappongono sintomi respiratori che si fanno via via più marcati al progredire della patologia.
I pazienti affetti da HPS si presentano con tutto il corollario sintomatologico tipico della cirrosi a cui però si sovrappongono sintomi respiratori che si fanno via via più marcati al progredire della patologia.
Nelle fasi iniziali un incremento della dispnea da sforzo o la comparsa di ortopnea vengono più spesso ricondotte a problematiche intercorrenti tipiche dell’insufficienza epatica come: anemia, ascite, ritenzione di liquidi e atrofia muscolare 2. La HPS invece si manifesta quando iniziano a comparire ippocratismo digitale, cianosi, numerosi spider nevi ed ipossiemia severa. Un altro sintomo classicamente ricondotto alla HPS, che però non si è rivelato patognomonico, è la platipnea con ortodeossia. Per platipnea si intende un incremento della sintomatologia dispnoica all’assunzione della stazione eretta. L’ortodeossia è invece oggettivabile nel caso in cui vi sia un calo di almeno 5% della saturazione periferica di ossigeno o di almeno 4mmHg di pressione parziale arteriosa di O2 (PaO2) al passaggio da supino alla stazione eretta. Questo segno sembra riconducibile ad un’accentuazione della perfusione delle basi polmonari in stazione eretta con ulteriore peggioramento del V/Q 2-5.
In alcuni casi, seppur raramente, si possono manifestare complicanze extrapolmonari della HPS connesse alla presenza di shunt sinistro-destro quali ascessi cerebrali, emorragie intracraniche, ed ictus da embolie paradosse 4.
La diagnosi
La prima indagine da effettuare nel sospetto di HPS è l’Emogasanalisi (EGA) del sangue arterioso a paziente seduto e a riposo. L’EGA è infatti l’indagine più semplice che permette di dimostrare la presenza di un difetto nella capacità di scambio a livello alveolo-capillare.
L’EGA è l’indagine più semplice che permette di dimostrare la presenza di un difetto nella capacità di scambio a livello alveolo-capillare.
In particolar modo, dato che l’iperventilazione tipica del paziente cirrotico tende a mascherare una deflessione della PaO2, bisognerà ricercare un incremento della differenza alveolo-capillare delle pressioni parziali di ossigeno (PA-aO2). Tale parametro, se non direttamente calcolato dallo strumento, può essere ricavato dall’equazione dei gas alveolari: PAO2-PaO2 = [FiO2(Patm-PH2O) - (PaCO2/0,8)] - PaO2
Dove: PAO2 indica pressione alveolare di O2, PaO2 l’ossiemia, FiO2 la frazione inspirata di ossigeno (21% in aria ambiente), Patm la pressione atmosferica (763 mmHg a livello del mare), PH2O la pressione parziale di vapore acqueo negli alveoli (solitamente pari a 47 mmHg) e PaCO2 la capnia.
Il range di normalità va dai 4 agli 8 mmHg, mentre si possono ritenere patologici gradienti ≥ 15 mmHg, o ≥ 20 mmHg per i soggetti con più di 64 anni.
Una volta appurata la presenza di un deficit di scambio e una volta confermata la diagnosi di HPS, la severità del quadro verrà valutata in base alla PaO2. Si parlerà infatti di patologia lieve se PaO2 ≥ 80 mmHg, moderata se PaO2 tra 79 e 60mmHg, severa se PaO2 tra 59 e 50 mmHg e molto severa se PaO2 < 50 mmHg o in caso di effetto shunt significativo caratterizzato da PaO2 < 300 mmHg nonostante respirazione di ossigeno puro (FiO2 100%) 1-5.
Sono state riscontrate desaturazioni profonde durante le ore notturne, per cui una volta formulata la diagnosi è raccomandabile eseguire una saturimetria notturna 4.
Le prove di funzionalità respiratoria non sono specifiche per HPS, anche se possono risultare utili per individuare altre patologie polmonari concomitanti che, per quanto si pongano spesso come diagnosi alternative dell’ipossiemia, non escludono per principio la coesistenza di HPS. Teoricamente i pazienti con sola HPS dovrebbero avere una spirometria normale. È tuttavia frequente riscontrare un difetto restrittivo riconducibile ad altre manifestazioni di insufficienza epatica come ascite tale da causare un aumento delle pressioni toraciche con riduzione della motilità diaframmatica o da indurre la formazione di aree atelettasiche. Circa il 30% dei pazienti con HPS presenta patologie polmonari concomitanti come BPCO e interstiziopatie. Più tipico della HPS sembra essere invece un calo del test di capacità di diffusione del CO (DLCO), da imputarsi alla dilatazione vascolare e all’accumulo di collagene perivascolare risultante dall’attivazione dei monociti richiamati a livello alveolare 2-5.
Le indagini in grado di confermare la presenza di dilatazioni del circolo polmonare o di shunt sono l’ecocardiogramma transtoracico con mezzo di contrasto e la scintigrafia con macroaggregati di albumina.
Le metodiche di imaging toracico non sono diagnostiche di per sé, ma sono necessarie allo scopo di escludere la presenza di altre patologie concomitanti. La TC torace combinata alla scintigrafia polmonare perfusionale (SPECT-TC) può avere un ruolo nell’analisi della distribuzione dei vasi polmonari e della loro relativa perfusione 10.
Le uniche indagini in grado di confermare la presenza di dilatazioni del circolo polmonare o di shunt sono l’ecocardiogramma transtoracico con mezzo di contrasto (TTCE) e la scintigrafia con macroaggregati di albumina (MAA) 2-5.
L’TTCE si effettua mediante infusione rapida di 10cc di fisiologica microcavitata (creazione di microbolle di aria di circa 60-90 μm di diametro) tramite agitazione a mano, mentre si visualizzano le camere cardiache con normale sonda ecografica transtoracica. Se il circolo polmonare è intatto, le bolle vengono bloccate dai capillari polmonari che normalmente hanno un calibro decisamente inferiore. Per contro, nel caso in cui siano presenti dilatazioni del letto vascolare polmonare o shunt intrapolmonari, le bolle torneranno ad essere visibili in atrio sinistro nel giro di 3-6 battiti cardiaci dalla loro prima visualizzazione nel ventricolo destro. Questo test non permette di differenziare il tipo di deformazione del circolo polmonare (dilatazione vs shunt), ma esclude con buon margine di sicurezza la presenza di uno shunt intracardiaco come ad esempio la pervietà del forame ovale. In quest’ultimo caso infatti le bolle di aria passerebbero direttamente nelle cavità sinistre senza attraversare il circolo polmonare. La sensibilità dell’esame aumenta se il paziente viene collocato in posizione seduta piuttosto che supina, poiché l’aumentata perfusione delle basi incrementa l’entità di eventuali dilatazioni vascolari 11. La stessa metodica può essere eseguita per via transesofagea ma, a fronte di una maggiore sensibilità nell’identificare eventuali difetti del setto interatriale, vi è un significativo incremento del rischio di sanguinamento legato alla presenza di varici esofagee 12. Bisogna tuttavia segnalare che circa il 20% dei pazienti con insufficienza epatica cronica ha una TTCE positiva anche in assenza di deficit di scambio gassoso. Tali soggetti sono attualmente inquadrabili nel contesto di forme fruste di HPS, la cui evoluzione è sconosciuta 13.
La scintigrafia con MAA marcati con Tc99 si basa su un concetto simile a quello sopracitato. I MAA hanno un diametro di circa 20-60 μm e come le bolle di aria, una volta infusi, dovrebbero essere intrappolati nel letto capillare polmonare. Nel caso in cui il tracciante venga invece trovato anche in altri organi come fegato, milza, reni o encefalo, si può dedurre che il circolo polmonare sia dilatato o che siano presenti shunt. Si considera positiva una captazione cerebrale > 6%. Questo test non permette di distinguere tra shunt polmonari e intracardiaci, ma è utile per quantificare l’entità dello shunt stesso. Questa indagine viene solitamente utilizzata come seconda scelta rispetto alla TTCE, tanto che infatti non è richiesta necessariamente per formulare la diagnosi. Il suo ruolo sarebbe quindi riservato ai casi con TTCE dubbia o con coesistente malattia polmonare per verificare se l’entità di shunt individuato sia sufficiente a giustificare l’ipossiemia.
In alcuni casi selezionati può anche essere utile l’esecuzione di una arteriografia polmonare, con la quale è possibile visualizzare il pattern vascolare dell’HPS. È possibile individuare tre classi di alterazioni vascolari: tipo 1 minimale (dilatazione vascolare lieve diffusa), tipo 1 avanzato (grossolane dilatazioni spongiose o varicoidi) e tipo 2 (dilatazioni localizzate con comunicazione arterio-venosa diretta) 3.
In conclusione, per poter porre diagnosi di HPS è richiesta la coesistenza di 2-5:
- presenza di patologia epatica;
- prova emogasanalitica dell’esistenza di un deficit di scambio gassoso;
- ecocardiogramma positivo al test con mezzo di contrasto gassoso e/o scintigrafia con macroaggregati di albumina marcata suggestiva per la presenza di dilatazioni del circolo polmonare.
Diagnosi differenziale
HPS entra principalmente in diagnosi differenziale con le altre manifestazioni di malattia epatica. I suoi sintomi sono infatti spesso riconducibili ad anemia, ascite e/o idrotorace con o senza atelettasie, ritenzione di fluidi, decondizionamento muscolare e/o cachessia. Altre patologie che potrebbero mimare HPS sono: malformazioni artero-venose, embolie polmonari ricorrenti, difetto del setto interatriale o pervietà del forame ovale. Non bisogna inoltre sottovalutare la coesistenza dell’insufficienza epatica con patologie croniche respiratorie o cardiache.
Una nota a sé stante va posta per un’altra patologia vascolare polmonare legata all’insufficienza epatica: l’ipertensione porto-polmonare (POHP). Questa patologia si configura a tutti gli effetti come ipertensione arteriosa polmonare associata a ipertensione portale. Il gold standard per la diagnosi è il cateterismo cardiaco destro anche se però già dall’ecocardiogramma è possibile cogliere caratteristiche sospette per ipertensione polmonare che non sono proprie della HPS. Dal punto di vista emodinamico infatti, a differenza della HPS, la POHP è caratterizzata da pressioni arteriose polmonari elevate con pressioni di incuneamento capillare normali e resistenze arteriose polmonari aumentate 5.
Decorso e prognosi
La HPS è associata ad una peggior qualità di vita, ad un maggior rischio di encefalopatia e ad una maggiore mortalità rispetto ai pazienti cirrotici senza HPS 2-5.
La HPS è associata ad una peggior qualità di vita, ad un maggior rischio di encefalopatia e ad una maggiore mortalità rispetto ai pazienti cirrotici senza HPS.
Inoltre l’ipossiemia può peggiorare nel tempo anche a fronte di una sostanziale stabilità del quadro epatico. Di fatto è stata riscontrata una sopravvivenza a 5 anni dei pazienti con HPS del 23%, contro una sopravvivenza di pazienti cirrotici di controllo a pari severità di malattia epatica, ma senza HPS del 63% 14. L’aumento della mortalità non sembra riconducibile ad una causa in particolare, quanto piuttosto ad un più rapido declino multiorgano.
Terapia
Salvo rari casi passibili di correzione chirurgica, come la cavoplastica per la sindrome di Budd-Chiari, non esistono provvedimenti che possano modificare la storia naturale della malattia senza ricorrere al trapianto di fegato 4.
Salvo rari casi passibili di correzione chirurgica, non esistono provvedimenti che possano modificare la storia naturale della malattia senza ricorrere al trapianto di fegato.
Dal punto di vista farmacologico sono state avanzate molte ipotesi di trattamento, ma nessuna di queste è stata validata da rigorosi trial randomizzati, controllati e multicentrici su un elevato numero di pazienti. I risultati più promettenti sono stati ottenuti con: somatostatina, almitrina, indometacina, aspirina, norfloxacina 15, capsule a base di oli di aglio 16, blu di metilene 17 e L-NAME inalatorio 18. Gli ultimi due si comportano come inibitori della via del guanosinmonofosfato ciclico che conduce alla sintesi di NO. Entrambi, così come gli estratti di aglio che dovrebbero in qualche modo uniformare la distribuzione del circolo polmonare, avrebbero condotto ad un miglioramento dei parametri emogasanalitici che si è però verificato soltanto in maniera transitoria e in un numero esiguo di pazienti. Le ultime ricerche si stanno concentrando sulla pentoxifillina, inibitore di TNFα e NO, anche se per ora i dati sono limitati ad esperimenti di laboratorio 19.
L’ossigenoterapia è al momento l’unica misura terapeutica disponibile, da riservare ai pazienti con PaO2 < 60 mmHg 5.
L’esecuzione di shunt porto-sistemico intraepatico per via transgiugulare (TIPS) con lo scopo di ridurre l’ipertensione portale nell’HPS è stata applicata con risultati contrastanti e ad oggi non è raccomandabile 3.
Per i pazienti con shunt significativi (PaO2 < 300 mmHg con FiO2 100%) è consigliabile invece l’esecuzione di un’arteriografia con tentativo di embolizzazione dei difetti di tipo 2 o di tipo 1 avanzato. Tali difetti infatti non andrebbero incontro a risoluzione neanche dopo il trapianto epatico 20.
Ad oggi l’unica vera cura sembra quindi essere il trapianto di fegato, tenendo conto che si tratta di per sé di un intervento rischioso, reso ancora più complicato dall’ipossiemia dell’HPS. La presenza di HPS andrebbe sempre segnalata quando si propone un paziente ad un centro trapianti, dato che la sua presenza non viene contemplata negli abituali score di gravità dell’epatopatia.
La risoluzione dell’HPS dopo il trapianto può richiedere anche alcuni mesi, o comunque un tempo proporzionale alla severità del quadro di partenza.
La risoluzione dell’HPS dopo il trapianto può richiedere anche alcuni mesi, o comunque un tempo proporzionale alla severità del quadro di partenza. Sono state segnalate anche recidive di HPS, ma solo nei pazienti con recrudescenza di malattia epatica 3.
Conclusioni
La HPS si configura come una sindrome complessa che riserva ancora molti dubbi e molti aspetti che necessitano di ulteriori approfondimenti. Sarà quindi compito della ricerca consolidare le conoscenze sulle molecole già note e scoprirne di nuove, in modo da poter dare finalmente risposta ai pazienti che non possono ricevere il trapianto e a coloro che sono in attesa, dato che al momento sono privi di qualsiasi opportunità terapeutica.
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