Medical Humanities e Pneumologia
Pubblicato: 2018-08-15

Il dibattito filosofico e scientifico moderno e la medicina: Prima parte - Karl Popper, il falsificazionismo e ciò che ne consegue

Medico Specialista in Malattie dell’Apparato Respiratorio Specialista in Chemioterapia Storico e Filosofo della Medicina

Abstract

La moderna filosofia della scienza o epistemologia ha cercato per tutto il XX secolo di delimitare il campo di cosa fosse scientifico o meno. Ha cercato di rendere certo il procedimento della ricerca, per poi confessare la propria relativa impotenza. Ne consegue che oggi possiamo definire con maggiore sicurezza che cosa non sia scientifico dall’affermare che cosa lo sia. Questo fatto non deve scoraggiare lo studio e la comprensione
della natura, ma rendere più umili e consapevoli sui limiti della conoscenza umana. La medicina moderna ha rinunciato da tempo al dibattito epistemologico. Segue il procedimento induttivo e non si pone troppe domande. Un limite che la rende debole e disarmata davanti alle sfide delle possibilità nuove di manipolazione del
corpo umano e delle coscienze.

Articolo

“… Se vogliamo evitare l’errore positivistico, consistente nell’eliminare per mezzo del nostro criterio di demarcazione i sistemi di teorie delle scienze della natura, dobbiamo scegliere un criterio che ci consenta di ammettere, nel dominio della scienza empirica, anche asserzioni che non possono essere verificate. Ma io ammetterò certamente come empirico o scientifico soltanto un sistema che possa essere controllato dall’esperienza. Queste considerazioni suggeriscono che, come criterio di demarcazione, non si deve prendere la verificabilità, ma la falsificabilità di un sistema. In altre parole: da un sistema scientifico non esigerò che sia capace di esser scelto in senso positivo una volta per tutte, ma esigerò che la sua forma logica sia tale che possa essere messo in evidenza per mezzo di controlli empirici in senso negativo: un sistema empirico deve poter essere confutato dall’esperienza…”

da Karl Popper, Logica della scoperta scientifica, Torino, Einaudi, 1970 1

Nell’esaminare i rapporti tra la scienza e la medicina, e in particolare con la filosofia, non possiamo trascurare di parlare di un pensatore che viene indicato come uno dei più complessi e influenti del XX secolo. Un uomo che ha messo a fuoco con lucidità i problemi metodologici fondamentali della ricerca scientifica e ha contemporaneamente mostrato come si formano e vengono comunicate le nuove teorie. Karl Popper venne al mondo a Vienna nel 1902 da una famiglia ebraica. A ventitré anni si laureò all’Istituto Pedagogico di Vienna come maestro di scuola elementare. Una comunanza di destino con Ludwig Wittgenstein (1889-1951) che quasi negli stessi anni si dedicava all’insegnamento scolastico per i bambini di alcuni piccoli borghi della campagna austriaca. Frequentando l’Istituto Pedagogico Popper incontrò Anna Henninger, sua compagna di studi e poi moglie e nel 1928 conseguì la laurea in filosofia con lo psicologo Karl Buhler 2. Erano gli anni in cui fioriva il Wiener Kreis, il Circolo di Vienna, ma Popper non partecipò alle riunioni del Circolo. Era ancora molto giovane e interessato all’insegnamento che intraprese per la matematica e la fisica nella scuola media nel 1929. Come racconta lui stesso, fin dai suoi primi studi filosofici si occupò di una problematica che conteneva delle ricadute pratiche per la ricerca medica. Scrisse Popper:

“…compresi perché l’errata teoria della scienza che aveva prevalso fin dai tempi di Bacone – la teoria secondo la quale le scienze naturali sono le scienze «induttive» e l’induzione è un processo di costituzione o di giustificazione delle teorie mediante reiterate osservazioni o esperimenti – fosse così radicata. La ragione era che gli scienziati dovevano «demarcare» la loro attività rispetto alla pseudoscienza […] e a tal fine avevano assunto da Bacone il metodo induttivo come criterio di demarcazione…”

da Karl Popper, La ricerca non ha fine. Autobiografia intellettuale, Roma, Armando Editore, 1976 2

Di tutte le scienze la medicina era forse quella che maggiormente aveva tratto giovamento da un approccio metodologico di tipo induttivo. Pensiamo alle pazienti ed estenuanti ricerche di Paul Erlich all’inizio del XX secolo sui chemioterapici, esperienze che lo videro testare centinaia di molecole nella loro azione farmacologica. La ricerca paziente degli effetti di antichi e nuovi composti chimici attraverso le metodiche della sperimentazione controllata fu infatti la grande novità introdotta nella ricerca farmacologica tra la fine del XIX secolo e i primi anni del XX. La riflessione scientifica della medicina ne rimase in un certo senso prigioniera. La necessità di pervenire a un risultato affidabile per il bene del paziente, che diveniva sempre più consapevole ed esigente sulle possibilità della medicina scientifica, aveva spinto in disparte la riflessione epistemologica. Il sistema induttivo sembrava funzionare in modo affidabile e che necessità vi era di cambiarlo o di sottoporlo a una verifica critica? Si aprivano davanti agli occhi degli scienziati panorami sterminati di indagine sulla biologia dei fenomeni naturali in cui il metodo sperimentale sembrava offrire una chiave di lettura di sicuro effetto. Come aveva scritto Claude Bernard e prima di lui, con maggiore orgoglio, il marchese di Laplace, sarebbe bastato possedere dati sufficienti su di un fenomeno e la spiegazione di questo non sarebbe mancata. Era solo questione di tempo e di mezzi. Scrisse Pierre de Laplace a proposito dell’astrofisica:

“… Lo spirito umano offre nella perfezione che ha saputo dare all’astronomia un pallido esempio di questa intelligenza. Le sue scoperte in meccanica e in geometria, unite a quella della gravitazione universale, lo hanno messo in grado di abbracciare nelle stesse espressioni analitiche gli stati passati e quelli futuri del sistema del mondo. Applicando lo stesso metodo ad altri oggetti delle sue conoscenze è riuscito a ricondurre a leggi generali i fenomeni osservati e a prevedere quelli che devono scaturire da circostanze date…”

da Pierre-Simon de Laplace, Saggio filosofico sulla probabilità, in Opere, Torino, UTET, 1967 3

Il medico Claude Bernard era alquanto più pessimista del matematico e fisico Laplace. Pur studiando la materia vivente con rigore e instancabile dedizione, Bernard si rendeva conto di come il microcosmo umano fosse per certi versi più complesso e difficile da ricondurre ai principi sistematici del macrocosmo. Lo scienziato aveva per lui un solo modo per evitare di perdersi in una speculazione priva di mete da raggiungere e questa era costituita dall’attenersi al metodo sperimentale come a un salvagente che lo preservasse dal mare tempestoso e insidioso delle apparenze:

“… per il fisiologo sperimentatore non esistono spiritualismo né materialismo, essendo spirito e materia realtà inconoscibili. Il metodo sperimentale della scienza non è la ricerca delle cause prime, ma dei rapporti tra le cose e i fenomeni che ne derivano. Pertanto parole come «vita», «morte», «salute», «malattia», sono soltanto «espressioni letterarie» utili per rappresentare alla nostra mente l’apparenza di questi fenomeni”

da Claude Bernard, Introduzione allo studio della medicina sperimentale, Milano, Feltrinelli, 1973 4

Nel 1934 Popper pubblicò il suo primo libro, Logik der Forschung (Logica della scoperta scientifica), che riscosse un successo inatteso e gli valse l’invito a tenere delle conferenze in Inghilterra negli anni tra il 1935 e il 1936. L’idea di Popper consisteva nell’affermare come fosse illusorio ritenere che una scienza costruita su molteplici elementi di verifica induttiva, vale a dire attraverso l’accumulo di singole certezze, potesse condurre a una conoscenza sicura 2 5. Secondo Popper, la credenza che la scienza procedesse induttivamente da molteplici fatti empirici sperimentalmente verificati a delle teorie universali era logicamente ingiustificata. Non esisteva infatti alcuna regola che affermasse come una generalizzazione derivata da risultati sperimentali, per quanto ripetuti e controllati, fosse totalmente certa. Il rifiuto dell’induzione come strumento conoscitivo assoluto costituì un evento dalle conseguenze importanti. La scienza non partiva soltanto dai fatti per costruire le sue teorie. Era costretta a inventare, o meglio immaginare, le proprie ipotesi iniziali per controllarle solo in seguito attraverso la loro aderenza ai fenomeni 5 6. Popper affermò come in alcune circostanze dall’interesse personale dello scienziato a risolvere un determinato problema sarebbero derivati dei passi in avanti della ricerca. Un interesse generato magari da problematiche personali, estranee al circuito scoperta-ricercatore:

“…[La scienza] non può cominciare con delle osservazioni, o “raccogliendo dei dati”, come pensavano alcuni studiosi del metodo. Prima di poter raccogliere i dati è necessario che sorga un nostro interesse rispetto ai dati di una certa tipologia: prima di tutto si presenta sempre un problema. Il problema a sua volta può essere suggerito da necessità pratiche o da credenze scientifiche o pre-scientifiche, le quali per una ragione qualsiasi sembrino aver bisogno di una revisione …”

da Karl Popper, Logica della scoperta scientifica, Torino, Einaudi, 1970 1

Le idee di Popper vennero alla luce in un periodo storico sfortunato. In seguito all’avvento del Nazismo che avrebbe portato all’occupazione dell’Austria da parte della Germania antisemita di Hitler nel 1938, il filosofo fu costretto a lasciare il suo paese a causa dell’origine ebraica. Popper si recò nel 1937 a insegnare filosofia all’Università di Christchurch in Nuova Zelanda, dove rimase per tutto il periodo della seconda guerra mondiale. Gli eventi bellici lo portarono a occuparsi intensamente di problematiche sociali e di filosofia politica. Ne scaturiranno due celebri saggi: Miseria dello storicismo e La società aperta e i suoi nemici, usciti negli anni 1944-45, in cui venivano mosse critiche acute alle teorie dello storicismo dialettico. Teorie che avevano facilitato l’ascesa dei totalitarismi europei e asiatici e che si basavano sulle affermazioni venate di razzismo con cui gli stati totalitari avevano giustificato e continuavano ad affermare l’ineluttabilità della disuguaglianza tra le diverse componenti sociali ed etniche 5 6. A questa visione cupa e crudelmente realistica del destino degli esseri umani Popper contrappose una costruzione politica basata sulla tolleranza e la consapevolezza di una società giusta che dovesse per prima cosa accogliere e integrare i diversi e i più deboli. Una società che ponendo mano a piccole modifiche correttive della sua struttura, mano a mano che i problemi di convivenza e di tolleranza si manifestassero, potesse venire incontro in modo amichevole e non repressivo ai sui cittadini:

“… Questa concezione dei fini delle scienze sociali deriva naturalmente dall’erronea teoria che qualunque cosa avvenga nella società – specialmente avvenimenti come la guerra, la disoccupazione, la povertà, le carestie, che la gente di solito detesta – sia il risultato di diretti interventi di alcuni individui e gruppi potenti. Questa teoria ha molti sostenitori ed è anche più antica dello storicismo, il quale, come risulta dalla sua forma teistica primitiva, è un derivato della Teoria della cospirazione. Nelle sue forme moderne esso è, come lo storicismo moderno e come un certo atteggiamento moderno nei confronti delle “leggi naturali”, il tipico risultato della secolarizzazione di una superstizione religiosa. La credenza negli Dèi omerici le cui cospirazioni spiegavano la storia della guerra di Troia è morta. Gli Dèi sono stati abbandonati. Ma il loro posto è occupato da uomini o gruppi potenti – sinistri gruppi di pressione la cui perversità è responsabile di tutti i mali di cui soffriamo – come i famosi savi di Sion, o i monopolisti, oppure i capitalisti o gli imperialisti. Io non intendo affermare con questo che di cospirazioni non ne avvengano mai. Al contrario esse sono tipici fenomeni sociali. Diventano importanti, per esempio tutte le volte che pervengono al potere persone che credono nella teoria della cospirazione. Persone che credono sinceramente di sapere come si realizzi il cielo in terra sono facili quanto mai ad adottare la teoria della cospirazione, a impegnarsi in una contro-cospirazione contro inesistenti cospiratori. Infatti la sola spiegazione del fallimento del loro tentativo di realizzare il cielo in terra è l’intenzione malvagia del Demonio che ha tutto l’interesse di mantenere vivo l’inferno ...”

da Karl Popper, Logica della ricerca e società aperta, Antologia a cura di Dario Antiseri, Brescia, La Scuola, 1989 7

Nel 1946, terminata la Seconda Guerra Mondiale, Popper si trasferì a Londra alla London School of Economics and Political Science dove divenne il direttore del Dipartimento di Filosofia. I suoi dibattiti e conferenze in Germania, Inghilterra e Stati Uniti costituirono ben presto un punto di ritrovo dei più grandi intellettuali del tempo, come Einstein, Adorno e Wittgenstein, che ebbe con lui uno scontro memorabile nel 1946. Tra i suoi allievi vi furono i filosofi della scienza Paul Feyeraband e Imre Lakatos, che in seguito lo criticarono senza risparmio. Negli Anni Cinquanta Popper ricevette numerosi riconoscimenti per la sua attività di ricerca, dalla nomina a membro della Royal Society fino all’investitura del titolo di baronetto, avvenuta nel 1965. Nel 1969 andò in pensione, anche se rimase attivo come scrittore e conferenziere. Nel 1985, alla morte della moglie “Hennie”, Popper lasciò la sua casa nel Buckinghamshire dove era vissuto per molti anni e si trasferì a Londra. Vi rimase fino alla morte, avvenuta nel settembre del 1994. Le sue ceneri riposano insieme a quelle della moglie al Lainzer Friedhof, un piccolo cimitero di Vienna ricco di verde e di tranquillità. La riflessione epistemologica di Popper era partita da un interrogativo di fondo su quale dovesse essere la linea di demarcazione tra ciò che costituiva la Scienza e ciò che non le apparteneva. A volte la conoscenza scientifica dei fenomeni naturali sembrava arrivare fino ad un certo punto, fino a un confine misterioso sulla natura delle cose dove si fermava e lasciava che ognuno potesse fornire una sua personale risposta agli interrogativi suscitati. La Scienza lasciava allora il campo alla Metafisica e all’Etica. Arretrava, rivendicando il non dover invadere problematiche morali o dotate di una componente metafisica. Per Popper la linea di demarcazione tra queste parti del pensiero e dell’esperienza umana doveva essere costituita dal Principio di fallibilità o falsificazione:

… Il dogma del significato o del senso e gli pseudo-problemi a cui esso ha dato origine, possono essere eliminati adottando come criterio di demarcazione il criterio di falsificabilità [...] Secondo questo criterio le asserzioni, o i sistemi di asserzioni trasmettono informazioni intorno al mondo empirico solo se sono capaci di collidere con l’esperienza, o più precisamente, solo se possono essere controllati sistematicamente, cioè a dire se possono essere sottoposti [...] a controlli che potrebbero mettere capo alla loro confutazione…”

da Karl Popper, Logica della scoperta scientifica, Torino, Einaudi, 1970 1

Al contrario del Principio di certezza, che poteva apparire al senso comune come fondante del sapere scientifico, Popper affermò in modo rivoluzionario che poteva essere definito scientifico solo un argomento o un dato di fatto che in futuro sarebbe potuto essere contestato e dimostrato completamente falso. Nel processo conoscitivo che veniva considerato come scienza si procedeva sempre per congetture e confutazioni. Le congetture erano delle proposizioni contenenti delle ipotesi non spiegate che avrebbero richiesto una giustificazione. Le confutazioni erano invece risposte critiche alle congetture che erano state poste. Il procedere scientifico si poteva definire come basato su di un procedimento di questo tipo: lo scienziato dichiarava il riconoscimento di un problema cui seguiva l’elaborazione di un’ipotesi di risoluzione dell’interrogativo posto. Dopo la soluzione dell’interrogativo di partenza si allargava l’orizzonte conoscitivo e si raggiungevano nuove prospettive di comprensione della realtà derivate dall’apertura di diverse ipotesi di conoscenza 8.

Si trattava di una struttura logica basata su di una circolarità di ragionamento in cui ogni risposta non faceva che aprire la via a nuove domande, in un processo di crescita e di consapevolezza senza fine. La scienza secondo Popper non poteva dare una soluzione definitiva a un problema. La ricerca umana procedeva a tappe attraverso successi parziali che erano solo conclusioni intermedie. Affermando che nella ricerca scientifica si procedeva senza certezze, consci della propria fallibilità e accettando di poter essere smentiti da chi fosse venuto in seguito, Popper ribaltò completamente la modalità di conoscenza derivata dal Positivismo che era di natura induttiva e si basava su di una scienza che seguiva fiduciosamente la sperimentazione empirica classica. Essere fallibili e consapevoli di questa condizione significava essere come Socrate. Aveva affermato infatti il filosofo ateniese:

“…Certo sono più sapiente io di quest’uomo, anche se poi probabilmente tutti e due non sappiamo proprio un bel niente; soltanto che lui crede di sapere e non sa nulla, mentre io, se non so niente, ne sono per lo meno convinto, perciò un poco di più ne so di costui, se non altro per il fatto che ciò che non so nemmeno credo di saperlo...”

da Platone, Apologia di Socrate, cap. 6 9

Ogni scienziato doveva pertanto sentirsi come Socrate, doveva vivere sempre nella prospettiva di superare se stesso o di essere superato, nella condizione di non accettare mai un risultato raggiunto come definitivo e di aspettarsi a sua volta di essere smentito. Alla base delle idee di Popper era presente il Principio di falsificabilità. La metafisica ad esempio, non essendo razionalmente falsificabile, non si poteva considerare una scienza. Per capire se una teoria fosse veramente scientifica non ci si poteva basare solo sull’esperienza e sulla conoscenza induttiva perché sarebbe potuta intervenire un’osservazione nuova che avrebbe falsificato ciò che prima era ritenuta una ipotesi indubitabile. La scienza non era e non sarebbe stata un episteme, ovvero un sapere definitivo e assolutamente certo, in quanto i suoi traguardi erano e rimanevano pura doxa, cioè delle opinioni, delle pure ipotesi che resistevano fino a che non fossero state falsificate da una nuova teoria più plausibile delle precedenti. Qualsiasi concezione che l’uomo si formava della realtà, anche se di tipo non scientifico, non era detto che fosse priva di senso. La ricerca empirica del resto derivava sempre da un’idea, da un’ipotesi, anche se questa poteva apparire al momento della sua formulazione non verificabile. Era stato il caso dell’Atomismo, una teoria che nella Grecia antica di Democrito ed Epicuro poteva essere considerata un sistema metafisico, ma che era divenuta una modalità interpretativa del mondo di tipo scientifico nel corso dei secoli grazie al progredire delle scoperte della fisica 10.

Per dirla con le parole dello stesso Popper:

“…il fatto che per ogni problema esiste sempre un’infinità di soluzioni logicamente possibili è uno dei fatti decisivi di tutta la scienza; è una delle cose che fanno della scienza un’avventura così eccitante. Esso infatti rende inefficaci tutti i metodi basati sulla mera routine. Significa che, nella scienza, dobbiamo usare l’immaginazione e idee ardite, anche se l’una e le altre devono sempre essere temperate dalla critica e dai controlli più severi. Tra l’altro mette anche in evidenza l’errore di coloro i quali pensano che lo scopo della scienza sia puramente e semplicemente quello di stabilire correlazioni tra gli eventi osservati e le osservazioni, oppure, peggio ancora, tra i “dati sensibili”.

Nella scienza tendiamo a molto di più. Tendiamo a scoprire nuovi mondi dietro il mondo dell’esperienza ordinaria, mondi come ad esempio un mondo microscopico o submicroscopico; come un mondo non-euclideo, un mondo popolato di forze invisibili: forze gravitazionali, chimiche, elettriche e nucleari, alcune delle quali forse sono riducibili ad altre, mentre altre non lo sono. Proprio la scoperta di questi nuovi mondi, di queste possibilità che nessuno si era mai sognato accresce di tanto il potere liberatore della scienza. I coefficienti di correlazione sono interessanti, non perché mettono le nostre osservazioni in relazione fra loro, ma perché e solo quando ci aiutano a imparare qualcosa di più intorno a questi mondi…”

da Karl Popper, Logica della ricerca e società aperta, Antologia a cura di Dario Antiseri, Brescia, La Scuola, 1989 7

Quello sostenuto da Popper era un Metodo per prove ed errori che consisteva nel rispondere a un problema mediante un’ipotesi, la quale doveva venire sottoposta al vaglio critico dell’esperienza. Ogni scienza umana poteva dunque fallire e nessuna scoperta poteva mai dirsi conclusiva ed esauriente. Scopo della ricerca non sarebbe stato quello di raggiungere una verità assoluta, ma solo costruire teorie sempre più verosimili e più vicine alla verità. Nasceva una scienza che diveniva un teatro di lotta fra teorie rivali nel quale avrebbero avuto il sopravvento le teorie migliori che erano in grado di falsificare le peggiori o più semplicemente le meno solide. Veniva edificata una vera e propria cosmologia della conoscenza, basata sull’accettazione del destino di un uomo costretto a misurarsi con i propri limiti e ad accettare che non vi fossero modalità di uscita da questo destino se non rinnovandolo. Rendendolo più nobile e degno di essere vissuto e ricercandone un senso attraverso il rispetto dell’altro e la tolleranza sociale 11 12.

Le teorie di Popper hanno influenzato il dibattito contemporaneo sulla finalità delle scoperte scientifiche e continuano a suscitare discussioni e studi critici. Anche se la medicina sembra spesso dimenticarsi di avere a che fare con il più complesso e indefinibile dei terreni di ricerca, l’uomo, queste teorie possono costituire un salvacondotto indispensabile per addentrarsi senza cadere nell’auto referenzialità nello studio della complessità della vita e delle sue variabili più o meno patologiche. La tendenza innata degli esseri umani alla sistematizzazione delle loro conoscenze e alla organizzazione logica dei risultati raggiunti non dovrebbe mai risultare un fine, ma solo un mezzo per compiere studi efficaci. Il rischio intuibile generato da tale comportamento consisterebbe nel divenire schiavi e prigionieri di un sistema di nozioni e di dati sperimentali funzionanti, ma purtroppo funzionali a una visione del mondo conservatrice per sua stessa natura. Nel temere di abbandonare certezze rassicuranti per nuove e più promettenti, anche se sconosciute, regioni del sapere e della natura. Conoscere il pensiero di Karl Popper può aiutare a rendersene conto e ad evitare il più possibile questa umana possibilità.

Riferimenti bibliografici

  1. Popper K. Logica della scoperta scientifica. Einaudi: Torino; 1970.
  2. Popper K. La ricerca non ha fine. Autobiografia intellettuale. Armando Editore: Roma; 1976.
  3. Laplace PS. In: Opere. UTET: Torino; 1967.
  4. Bernard C. Introduzione allo studio della medicina sperimentale. Feltrinelli: Milano; 1973.
  5. Gattei S. Introduzione a Popper. Laterza: Roma-Bari; 2008.
  6. Antiseri D. Karl Popper e il mestiere dello scienziato sociale. Rubettino: Soveria Mannelli (CZ); 2004.
  7. Popper K. Logica della ricerca e società aperta. Antologia a cura di Dario Antiseri. La Scuola: Brescia; 1989.
  8. Popper K. Congetture e confutazioni. Il Mulino: Bologna; 1972.
  9. Platone Apologia di Socrate. Critone. BUR: Milano; 1993.
  10. Frascolla P. Tre modelli di razionalità. Carnap, Popper e la probabilità induttiva. ETS: Pisa; 1991.
  11. Antiseri D. Dal neopositivismo alla filosofia analitica. Abete: Roma; 1966.
  12. Stokes G. Popper. Il Mulino: Bologna; 2002.

Affiliazioni

Federico E. Perozziello

Medico Specialista in Malattie dell’Apparato Respiratorio Specialista in Chemioterapia Storico e Filosofo della Medicina

Copyright

© Associazione Italiana Pneumologi Ospedalieri – Italian Thoracic Society (AIPO – ITS) , 2018

Come citare

Perozziello, F. E. (2018). Il dibattito filosofico e scientifico moderno e la medicina: Prima parte - Karl Popper, il falsificazionismo e ciò che ne consegue. Rassegna Di Patologia dell’Apparato Respiratorio, 33(4), 234-238. Recuperato da https://www.aiporassegna.it/article/view/101
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